ARTICOLICONTRIBUTIDIRITTO PENALEParte speciale

Rapporti tra le armi da fuoco di libera vendita ex legge 526/99 e l’art. 697 c.p.

Un problema all’ordine del giorno per noi giuristi attiene alla forte complessità del nostro sistema normativo che prevede, oltre alle regole canoniche, una serie di eccezioni che, spesso non conosciute, portano a fraintendimenti che possono condurre a loro volta a condotte spiacevoli da parte delle autorità di polizia giudiziaria. Nello specifico ci si riferisce ad un fatto recentemente affrontato in cui ad un soggetto veniva intimato dalle forze dell’ordine la regolamentazione della sua posizione circa la detenzione di una pistola ad avancarica.

Nel caso di specie il soggetto aveva regolarmente acquistato un’arma ad avancarica di costruzione moderna, dunque una riproduzione, utilizzante il sistema ad avancarica a colpo singolo. L’arma dunque era lesiva, un’arma da fuoco vera e propria, che sparava un colpo singolo per ogni caricamento. Al soggetto, al quale in sede di ritrovamento dell’arma gli veniva contestata la detenzione abusiva, è stato consigliato però di riferire alle suddette forze dell’ordine circa la libera vendita, stante l’ultima normativa, di tali armi.

Il 13 Gennaio 2000, nel Supplemento ordinario n. 15/L, venne pubblicato nella Gazzetta Ufficiale la legge comunitaria n. 526 del 21 dicembre 1999. L’art. 11 del presente testo legislativo modifica l’art. 2 della legge n. 110 del 18 aprile 1975 che considerava armi comuni da sparo, con il relativo assoggettamento a tutti gli obblighi del caso quali porto d’armi, nulla osta e denuncia, le “repliche di armi ad avancarica di modelli anteriori al 1890”.

Con la legge 526/99 viene asserito il concetto secondo cui le riproduzioni di armi ad avancarica ed a colpo singolo di modelli anteriori al 1890 non debbano più ricadere nel genus delle armi comuni da sparo. Il punto centrale, dunque discriminante, è che la validità della presente liberatoria sussiste solo per gli esemplari a colpo singolo, sia fucili che pistole. Ne viene dunque l’automatica esclusione di alcune tipologie di pistola quale ad esempio i revolver, che rientrano ancora nella legge 110/75 e/o nella legge 85/86 sulle armi sportive. Una situazione che quanto meno possiamo definire anomala: non si comprende né la differenza tra un revolver (riproduzione di antico) ed una arma ad avancarica a colpo singolo sotto il profilo del nuocere – a che risulti entrambi risulterebbero letali – né come un’arma di recente fabbricazione possa essere meno lesiva rispetto ad una “ferma” da decine di anni.

Le repliche ad avancarica abbracciate dalla qui trattata normativa possono quindi essere acquistate in numero illimitato da soggetti maggiorenni muniti di un semplice documento d’identità valido. Consequenzialmente se ne consente la cessione ed il comodato con scrittura privata purché sempre tra maggiorenni. In via conclusiva non vi è alcun obbligo della denuncia di possesso. Un’arma di libera vendita al soggetto che deve unicamente dimostrare di aver acquisito la maggiore età e non già di essere in possesso di un titolo idoneo particolare alla detenzione o all’uso di armi da fuoco. Non esaminiamo poi il caso in cui Tizio, pur in possesso dei requisiti ex lege, venda a Caio, in difetto di questi citati, e senza minimamente curarsi di trascrivere l’alienazione. In ogni modo la medesima arma non risulta tracciabile con gli elenchi conservati presso le autorità competenti. Anche l’acquisto delle parti di queste armi è libero, compresi gli accessori e le palle di piombo da impiegare per il tiro. Non però la polvere nera, per la quale resta valido il disposto della legge 110/75. Traendone le fila circa il porto, al di fuori dei poligoni deputati all’uso, rimane la normativa vigente per le armi comuni da sparo, mentre il trasporto può avere luogo liberamente, purché ad armi scariche e custodite con l’attenzione del caso.

È necessario e comunque non superfluo precisare che anche se la detenzione delle repliche ad avancarica a colpo singolo di modelli anteriori al 1890 è libera ed illimitata si tratta pur sempre di armi e come tali disciplinate dal Regolamento del Ministero dell’Interno n. 362/01 inde utilizzabili solo da maggiorenni o da minorenni con adeguata assistenza.

Un’eccezione che ragionevolmente può porsi attiene all’utilizzabilità di queste: se è vero che la pistola, o il fucile, è di libera vendita e con essa il munizionamento, è altrettanto vero che la polvere da sparo, ossia l’elemento che produce l’espulsione del proiettile, è acquistabile in maniera limitata e solo da chi è in possesso di un regolare e valido porto d’armi. La recente tecnologia messa all’opera da alcune aziende famose in questo mercato ha però prodotto un mulinello particolare che, sostituito a quello classico a miccia, consente l’uso di un normale innesco per fucile cal. 12 al posto della polvere da sparo. Certo, saremo in piena violazione del disposto normativo circa la modifica delle armi (art. 3 L. 110/1975), ma intanto cambiando mulinello ed apponendo tale innesco – che anch’esso è di libera vendita – è sufficiente inserire direttamente in canna il pezzo di canovaccio e la palla da espellere. In questo modo, seppur in modo ridotto dall’impiego di polvere da sparo, l’arma manifesta una potenza offensiva e dunque diviene a libera vendita una pistola o un fucile che possono comportarsi in modo uguale o comunque molto simile alle armi per cui occorre avere un regolare e valido porto d’armi.

In questo senso il punto dubbio si sviluppa su che norma applicare. Sicuramente trova applicazione l’art. 697 c.p. secondo cui:

«chiunque detiene armi o munizioni senza averne fatto denuncia all’Autorità, quando la denuncia è richiesta, è punito con l’arresto da tre a dodici mesi o con l’ammenda fino a trecentosettantuno euro. Chiunque, avendo notizia che in un luogo da lui abitato si trovano armi o munizioni, omette di farne denuncia alle autorità, è punito con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda fino a duecentocinquantotto euro.»

In tale articolo il termine detenere assume specifico rilievo: la detenzione, che integra il reato in esame, indica una relazione stabile tra il soggetto e l’arma, in cui il soggetto ha cosciente volontà di tenerla contra legem – esulando infatti l’applicazione della detenzione libera ex legge 596/99 dopo la modifica del mulinello – per un tempo superiore a quello normalmente necessario per la denuncia. Non assume poi rilevanza, ai fini dell’applicazione o meno dell’art. 697 c.p., il titolo per cui l’arma è detenuta, ossia proprietà o possesso, né la sua temporaneità.

Tale articolo non trova però applicazione per tutte le armi: attiene solo alle armi proprie da punta e da taglio e alle munizioni per le armi comuni da sparo. Per le armi da guerra e le munizioni da guerra occorre riferirci agli artt. 2 e 5 della legge n. 895 del 2 Ottobre 1967; per le armi comuni da sparo agli artt. 2 e 7, della legge n. 895/1967 e artt. 10 e 14, legge 497/1974; ed infine per le armi clandestine trova applicazione l’art. 23 c. 3 della legge n. 110/1975.

L’art. 697 dice poi «quando la denuncia è richiesta» ma in una lettura comparatistica coll’art. 38 del TULPS si ricava senza difficoltà che tale denuncia è sempre richiesta. Da questa sono esenti soltanto i corpi armati, le società di tiro a segno e le altre istituzioni autorizzate per gli oggetti detenuti nei luoghi espressamente destinati allo scopo; i possessori di raccolte autorizzate di armi artistiche, rare o antiche; le persone che per la loro qualità permanente hanno diritto di andare armate, limitatamente però al numero e alla specie delle armi loro consentite. Quest’obbligo non viene meno per il fatto che l’arma sia momentaneamente inidonea all’uso.

A tale reato ex art. 697 c. 2 c.p. sono comunque applicabili le sanzioni sostitutive previste dagli artt. 53 e seguenti della legge n. 689/1981 in quanto l’esclusione prevista dall’art. 60 non opera essendo la pena detentiva alternativa a quella pecuniaria.

Caso limite ma non per questo impossibile è che l’applicazione di questa norma sia verso soggetti mafiosi. In tale situazione occorre riferirsi all’art. 9 della legge n. 575 del 31 Maggio 1965, come sostituito dal d.l. 152/1991 convertito nella legge n. 203 del 12 Luglio1991, il quale dispone che:

«Le pene stabilite per i reati concernenti le armi alterate nonché le armi e le munizioni di cui all’articolo 1 della legge 18-4-1975, n. 110, sono triplicate e quelle stabilite per i reati concernenti le armi e le munizioni di cui all’articolo 2, commi primo e secondo, della stessa legge sono aumentate nella misura di cui al terzo comma dell’art. 99 del c.p., se i fatti sono commessi da persona già sottoposta con provvedimento definitivo a una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l’esecuzione.»

Vediamo dunque, riassumendo, una normazione scarna con riguardo a questa particolare casistica del tutto italiana, ma, pur mancando precise previsioni sanzionatorie sulla relativa custodia, così come pur non essendoci obbligo di denunce in caso di furto, smarrimento o rinvenimento, è bene comunque applicare ogni cura, anche per l’eventuale esposizione in teche, affinché queste repliche non siano facilmente raggiungibili e asportabili, ed occorre sempre tenere vigile l’occhio a non mutare destinazione d’uso dei prodotti acquistati in libera vendita, specie se sono armi.