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Processo Polo Chimico Spinetta Marengo: depositate le motivazioni della sentenza

corte assise alessandria

Corte di Assise di Alessandria, 6 giugno 2016 (ud. 14 dicembre 2015), n. 1/15
Presidente Sandra Casacci, Giudice a latere Gianluigi Zulian

Pubblichiamo, in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda, le 350 pagine di motivazioni della sentenza pronunciata dalla Corte di Assise di Alessandria in merito alle vicende del polo chimico di Spinetta Marengo, i cui responsabili sono finiti sotto processo per le accuse, tra gli altri, del delitto di avvelenamento doloso (art. 439 c.p.)

La sentenza di primo grado, pronunciata il 14 dicembre 2015, ha condannato quattro degli otto imputati per disastro colposo (art. 449 c.p.); assolti gli altri imputati.

Con specifico riferimento all’aspetto dell’elemento soggettivo, la Corte di Assise ha richiamato la sentenza Thyssen Krupp che ha illustrato i diversi aspetti del dolo, individuando i caratteri del cd. dolo eventuale nell’aspetto volitivo dell’atteggiamento psicologico, ritenendo insufficiente la teoria della semplice accettazione del rischio.

Come chiarito dalle Sezioni Unite – ricorda la Corte – gli indicatori del dolo «vanno profondamente calati nella realtà probatoria, valutati congiuntamente ed esaminati con enorme cautela». Ne deriva che, «sebbene la sequenza di atti indicata dal pubblico ministero sia tale da provare la conoscenza da parte degli imputati dello stato di contaminazione del sito, non può automaticamente sostenersi che tale conoscenza integri altresì l’elemento volitivo del reato, che l’Accusa, in sede di repliche, ha qualificato addirittura come dolo diretto, poiché la prova della volontarietà del ridimensionamento ufficiale della contaminazione non comporta come conseguenza necessaria la volontà di mantenere inalterati i livelli della stessa e di cagionare l’avvelenamento delle acque (nell’ipotesi contestata dal pm) o il disastro ambientale (nella diversa ipotesi ritenuta in sentenza».

«Non si vede – continua la Corte – come possa sostenersi che la condotta degli imputati sia stata sorretta dal dolo diretto, cioè, seguendo l’insegnamento della Suprema Corte, che il momento cognitivo in ordine agli elementi della fattispecie ed alle conseguenze del proprio agire sia stato così netto da potersi ricavare, normalmente e con ampio grado di probabilità, dal solo fatto di aver tenuto quella condotta, la determinazione del soggetto all’offesa del bene giuridico protetto».

Redazione Giurisprudenza Penale

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