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La messa alla prova al vaglio della Corte Costituzionale

Corte Costituzionale, 27 aprile 2018 (ud. 21 febbraio 2018), sentenza n. 91
Presidente e Relatore Lattanzi

Diamo immediata notizia – riservandoci la pubblicazione di un contributo più approfondito nelle prossime settimane – della sentenza n. 91 del 2018 con cui la Corte Costituzionale si è pronunciata su una serie di questioni di legittimità costituzionale relative al recente istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova.

Con ordinanza del 16 dicembre 2016, il Tribunale di Grosseto aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 464-quater c.1 c.p.p. «nella parte in cui non prevede che il giudice del dibattimento, ai fini della cognizione occorrente ad ogni decisione di merito da assumere nel [procedimento speciale di messa alla prova], proceda alla acquisizione e valutazione degli atti delle indagini preliminari restituendoli per l’ulteriore corso in caso di pronuncia negativa sulla concessione o sull’esito della messa alla prova».

Con la medesima ordinanza il giudice a quo aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 168-bis c. 2 e 2 c.p. «in quanto prevede la applicazione di sanzioni penali non legalmente determinabili», degli artt. 464-quater e 464-quinquies c.p.p., «in quanto prevedono la irrogazione ed espiazione di sanzioni penali senza che risulti pronunciata né di regola pronunciabile alcuna condanna definitiva o non definitiva» nonché dell’art. 464-quater c. 4 c.p.p. «nella parte in cui prevede il consenso dell’imputato quale condizione meramente potestativa di efficacia del provvedimento giurisdizionale recante modificazione o integrazione del programma di trattamento».

Ad eccezione della prima, le questioni di legittimità costituzionale sono state ritenute non fondate.

L’istituto della messa alla prova – ha affermato la Corte Costituzionale – «anche se può assimilarsi al patteggiamento per la base consensuale del procedimento e del conseguente trattamento, presenta aspetti che da questo la differenziano, al punto da non consentire un riferimento nei termini tradizionali alle categorie costituzionali penali e processuali, perché il carattere innovativo della messa alla prova segna un ribaltamento dei tradizionali sistemi di intervento sanzionatorio».

Nel procedimento con messa alla prova – si legge nella decisione – manca una condanna e «correlativamente manca un’attribuzione di colpevolezza dell’imputato» e l’imputato viene sottoposto, su sua richiesta, a un trattamento alternativo alla pena applicabile nel caso di un’eventuale condanna.

Anche l’esecuzione del trattamento – continua la decisione – «è rimessa alla volontà dell’imputato, che può farla cessare in qualsiasi momento, facendo così riprendere il procedimento penale».

In conclusione, la Corte Costituzionale ha dichiarato che l’istituto in esame non viola, tra gli altri, gli articoli 27 e 25 della Costituzione, sotto il profilo, rispettivamente, della presunzione di non colpevolezza e della determinatezza del trattamento sanzionatorio.

Redazione Giurisprudenza Penale

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