ARTICOLIDIRITTO PENALEParte speciale

Violenza sessuale aggravata ex art. 609-ter c.1 n.2 c.p. nel caso di assunzione volontaria di sostanze alcoliche da parte della vittima

Cassazione Penale, Sez. III, 16 luglio 2018 (ud. 19 gennaio 2018), n. 32462
Presidente Rosi, Relatore Socci

1. Pubblichiamo, in considerazione dell’interesse della vicenda, le motivazioni della sentenza n. 32462 con cui la terza sezione si è pronunciata in tema di violenza sessuale aggravata dall’uso di sostanze alcoliche ex art. 609-ter c. 1 n. 2 c.p. (ai sensi del quale «la pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all’articolo 609-bis sono commessi con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa»).

La Corte prende le mosse ribadendo il principio secondo cui «le condizioni per esprimere un valido consenso (la capacità) al rapporto sessuale prescindono dalla condotta di cagionare l’incapacità o l’incoscienza (nel caso l’ubriachezza)» e che, pertanto, «anche l’incapacità derivante da una volontaria assunzione di alcol deve valutarsi ai fini della sussistenza del consenso all’atto sessuale».

I giudici proseguono osservando che, pacificamente, le condizioni della vittima «non consentivano un consenso ai rapporti sessuali» alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, «in tema di violenza sessuale, rientrano tra le condizioni di “inferiorità psichica o fisica”, previste dall’art. 609-bis c.p., comma 2, n. 1, anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o di stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell’agente».

2. Se, quindi, l’uso di sostanze alcoliche (volontario o non volontario) incide sulla valutazione del valido consenso (e, dunque, sulla sussistenza del reato), diverso è il discorso – prosegue la sentenza – per quanto riguarda la circostanza aggravante di cui all’art. 609 ter c.1 n. 2 c.p.

Tale circostanza – si legge nella decisione – era stata inizialmente contestata sulla base del fatto che gli imputati, dopo aver fatto assumere alla persona offesa una eccessiva quantità di vino, tale da porla in condizione di non riuscire ad autodeterminarsi, avrebbero posto in essere nei suoi confronti atti di violenza sessuale. Nel corso dei precedenti gradi di giudizio, tuttavia, sarebbe emerso (e di ciò viene dato atto nella sentenza della Cassazione) che la persona offesa «aveva iniziato volontariamente a bere durante la cena, e poi aveva continuato tale assunzione volontariamente».

Tale circostanza, ad avviso dei ricorrenti, avrebbe dovuto portare all’esclusione della aggravante, per la sussistenza della quale si richiede che il mezzo descritto (ossia l’uso di sostanze alcoliche) debba essere imposto contro la volontà della persona offesa e, dunque, che la sostanza venga assunta a seguito di un comportamento violento o minaccioso dell’agente. A sostegno di tale argomentazione venivano richiamate sia considerazioni di tipo letterale (ovvero l’utilizzo, nell’art. 609-ter c.p., della locuzione «con l’uso» riferita al soggetto attivo del reato) sia ragioni sistematiche (essendo previste uguali circostanze soltanto in relazione a fattispecie di reato che contemplano tra i loro elementi costitutivi la violenza o minaccia).

La Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso sul punto evidenziando che «lassunzione volontaria dell’alcol esclude la sussistenza dell’aggravante, poiché la norma prevede l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti (o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa)».

In altre parole, «l’uso delle sostanze alcoliche deve essere necessariamente strumentale alla violenza sessuale, ovvero deve essere il soggetto attivo del reato che usa l’alcol per la violenza, somministrandolo alla vittima; invece l’uso volontario, incide sì, come visto, sulla valutazione del valido consenso, ma non anche sulla sussistenza dell’aggravante».

Nel caso di specie – conclude la Corte – è emerso pacificamente il dato della certa e volontaria ubriachezza della parte offesa; circostanza, questa, che sebbene non possa ovviamente incidere sulla validità del consenso al rapporto sessuale (e, dunque, sulla sussistenza del reato), potrebbe però incidere sulla pena finale, motivo per cui la Corte ha annullato la sentenza limitatamente alla valutazione della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 609 ter c.1 n. 2 c.p. rinviando sul punto ad altra sezione della Corte di appello.

Redazione Giurisprudenza Penale

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