ARTICOLICONTRIBUTIdelitti contro la pubblica amministrazioneDIRITTO PENALEIN PRIMO PIANOParte speciale

Tra concussione ed induzione indebita dopo le Sezioni Unite Maldera

2Cassazione Penale, Sez. VI, 23 maggio 2014 (ud. 7 maggio 2014), n. 21026
Presidente Milo, Relatore Aprile, P.G. Fodaroni

Depositata il 23 maggio 2014 la pronuncia numero 21026 della sesta sezione penale in tema di reati contro la pubblica amministrazione con la quale i giudici hanno preso nuovamente posizione – a distanza di pochi mesi dal deposito delle motivazioni delle Sezioni Unite 12228/2014 – sul tema della distinzione tra concussione (art. 317 c.p.) e induzione indebita a dare o promettere utilità (art.319-quater c.p.).

La Corte, in particolare, prende le mosse ricordando come la L. n. 190 del 2012 abbia sostituito l’art. 317 c.p., con la previsione di una “diversa” fattispecie di “concussione”, ed abbia introdotto l’art. 319 quater c.p., riguardante l’innovativa figura criminosa della “induzione indebita a dare o promettere utilità”, sostanzialmente intermedia tra quella residua della condotta concussiva sopraffattrice e quella dell’accordo corruttivo, integrante uno dei reati previsti dall’art. 318 c.p. o dall’art. 319 c.p. Il legislatore nazionale ha cioè proceduto al cd. spacchettamento dell’originaria ipotesi delittuosa della concussione che, nel testo previgente dell’art. 317 c.p., parificava le condotte di costrizione e di induzione, creando due nuove fattispecie di reato:

  • la prima, che resta disciplinata dall’art. 317 c.p., prevede la punizione del “pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità”;
  • La seconda fattispecie di reato, “scorporata” dal previgente art. 317 c.p. ed ora regolata dall’art. 319 quater c.p., recante in rubrica la nuova denominazione di induzione indebita a dare o promettere utilità, è configurabile, “salvo che il fatto non costituisca più grave reato”, laddove “il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità”(è un dato di assoluta novità la previsione della punibilità anche dell’indotto, cioè del soggetto che “da o promette denaro o altra utilità”, il quale, da persona offesa nell’originaria ipotesi di concussione per induzione di cui al previgente art. 317 c.p., diventa coautore nella nuova figura dell’induzione indebita)

Quanto alle distinzioni tra le due nuove fattispecie di reato, viene ribadito quanto affermato dalle Sezioni Unite Maldera (12228/2014), le quali hanno chiarito che:

  • il “nuovo” reato di concussione di cui all’art. 317 c.p. è caratterizzato dall’abuso costrittivo del pubblico ufficiale attuato mediante violenza o minaccia di un danno contra ius, da cui deriva una grave limitazione della libertà di autodeterminazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sè, è posto di fronte all’alternativa secca di subire il male prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell’indebito;
  • il “nuovo” reato di cui all’art. 319 quater c.p. è caratterizzato dall’abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, vale a dire da una condotta di persuasione, di suggestione, di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta di prestazione non dovuta, perchè motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale

E’ facendo applicazione di tali principi che la Corte si è pronunciata in merito ad una vicenda che vedeva imputati, tra gli altri, un geometra comunale addetto alle autorizzazioni per insegne delle attività commerciali ed un vigile in servizio presso la polizia municipale accusati di aver minacciato, abusando dei poteri connessi all’esercizio delle proprie funzioni, imprenditori locali attraverso la reiterazione di vessatori controlli e/o l’aggravamento delle conseguenze di controlli già in corso, costringendoli a promettere indebitamente e a consegnare somme di denaro di varia entità, versate annualmente in più dazioni periodiche.

Con riferimento a tali condotte – si legge nelle motivazioni – si rende necessaria una verifica fattuale, avendo la Corte di appello riconosciuto che, almeno in alcuni casi, “i vari esercenti erano in difetto”, talchè è ragionevole immaginare che si siano determinati a versare quegli importi non perchè la loro libertà di autodeterminazione fosse gravemente scemata, ma perchè “indotti” dalla possibilità di trarre un indebito vantaggio: tale verifica, che va inevitabilmente rimessa al giudice di merito, è doverosa, in quanto l’eventuale riconoscimento, per uno o più di quegli episodi, della applicabilità del “nuovo” art. 319 quater c.p., lungi dal mutare la qualifica di vittima dei privati (non potendo evidentemente trovare per loro applicazione retroattiva la nuova figura incriminatrice più sfavorevole), comporterebbe la necessità di rideterminare la pena inflitta nel rispetto dei più miti limiti edittali di pena.

La Corte di appello – afferma la Corte – ha, infatti, omesso di dare una risposta alla sollecitazione del difensore diretta ad ottenere una riqualificazione giuridica dei fatti e l’applicazione della nuova disciplina sanzionatoria prevista dall’art. 319 quater c.p., come introdotto dalla L. n. 190 del 2012. Sicchè, si impone l’annullamento della sentenza con rinvio ai fini della verifica della qualificazione giuridica del fatto contestatogli, rilevante per la determinazione del trattamento sanzionatorio applicabile, tenuto conto che l’addebito lascerebbe pensare ad una mera attività costrittiva, ma che è la stessa motivazione della sentenza gravata a lasciar intendere che i titolari degli esercizi commerciali si sarebbero determinati a promettere quella somma di denaro per evitare di subire severe sanzioni amministrative. 

A tale scopo il giudice di rinvio, dovrà tenere conto dell’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Sezioni Unite Maldera), le quali hanno chiarito che, nei casi che si pongono al confine tra la concussione e l’induzione indebita, i già richiamati criteri del danno antigiuridico e del vantaggio indebito, che rispettivamente contraddistinguono tali reati, devono essere utilizzati nella loro “operatività dinamicaall’interno della vicenda concreta, cercando di individuare quali siano stati i dati più qualificanti all’esito di una generale, approfondita ed equilibrata valutazione complessiva del fatto.

Redazione Giurisprudenza Penale

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