ARTICOLIDIRITTO PENALEParte generale

Lavoro di pubblica utilità: è possibile anche al di fuori della provincia di residenza – C. Cost. 179/2013

Corte Costituzionale, Sentenza n. 179 del 5 luglio 2013
Presidente Gallo, Relatore Criscuolo

Depositata il 5 luglio 2013 la sentenza numero 179 della Corte Costituzionale in tema di sanzioni sostitutive delle pene pecuniarie o detentive.
Precisamente, la norma impugnata era l’art. 54 del decreto legislativo 28/08/2000, n. 274 – Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace – nella parte in cui (al comma 3) impone lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità nella Provincia di residenza del condannato, ovvero, in via subordinata, nella parte in cui non prevede l’ipotesi che il giudice, su richiesta del condannato, lo ammetta a svolgere il lavoro di pubblica utilità presso un ente non compreso nella Provincia di residenza.
Nel caso di specie, le questioni di legittimità costituzionale erano state sollevate dal tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi e da quello di Matera che avevano condannato, rispettivamente, una persona per guida sotto effetto di stupefacenti e una per guida in stato di ebbrezza ad alcuni mesi di lavoro di pubblica utilità presso due enti dei loro comuni di residenza; i due avevano tuttavia chiesto di essere ammessi a lavorare altrove: in un caso in una struttura sanitaria dove erano in cura i genitori e nell’altro presso un ente della città dove il condannato era ospite di una comunità per disintossicazione da alcol, al fine di non sospendere il programma di recupero.
Secondo il rimettente, si sarebbe in presenza di un «doveroso incidente di costituzionalità dell’art. 54 del d. lvo n. 274 del 2000 in relazione agli artt. 3 e 27 Cost. nella parte in cui la norma de qua impone lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità nella provincia di residenza del condannato o nella parte in cui non preveda l’ipotesi che il giudice, su richiesta del condannato, lo ammetta a svolgere il lavoro di pubblica utilità presso un ente non compreso nella provincia di residenza del medesimo».
Ad avviso del rimettente la norma, nella formulazione attuale, violerebbe:
a) l’art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, in quanto la mancata predisposizione di convenzioni, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000 nell’ambito di una Provincia, «finirebbe per precludere, in buona sostanza, la possibilità per un soggetto condannato ed ivi residente di accedere a tale sanzione sostitutiva, alla quale peraltro la legge collega – nel caso previsto dall’art. 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) ed all’esito positivo dello svolgimento del lavoro – notevoli benefici premiali, tra cui l’effetto estintivo del reato, la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e la revoca della confisca del veicolo sottoposto a sequestro»;
b) l’art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza, in quanto la possibilità riconosciuta al condannato (dalla medesima disposizione) di richiedere al giudice di essere ammesso a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali rende irragionevole la mancata previsione di poter consentire, previa richiesta, di svolgere il lavoro di pubblica utilità al di fuori della Provincia di residenza, se non altro in tutte quelle situazioni concrete in cui tale prestazione risulterebbe rispettosa delle esigenze di tutela degli interessi costituzionali, dei quali lo stesso art. 54 del d.lgs. citato fa esplicita menzione;
c) l’art. 27 Cost., in quanto il vincolo territoriale allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità impedisce la realizzazione degli obiettivi di rieducazione e reintegrazione del condannato, nonostante la disponibilità all’emenda ed alla risocializzazione manifestate mediante il consenso alla prestazione di attività lavorativa socialmente utile, disponibilità che, invece, orienterebbe positivamente le opinioni della collettività «valutando apprezzabilmente lo sforzo e l’impegno tenuti dal condannato nell’adempimento degli obblighi ordinariamente collegati allo svolgimento di un’attività lavorativa»;
d) l’art. 29 Cost., in quanto l’espiazione del lavoro di pubblica utilità, esclusivamente nell’ambito della Provincia di residenza del reo, non terrebbe conto delle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato cui, invece, si dovrebbe assegnare indubbia prevalenza.

La Consulta ha ritenuto fondata la questione.
Osservano i giudici costituzionali che l’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000, nel disciplinare il lavoro di pubblica utilità, è disposizione che consente al giudice di disporre di una certa flessibilità nel governare modi e tempi dello svolgimento della pena, in particolare facendo in modo di non pregiudicare le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato.Con questo quadro, però, non si concilia, e risulta dunque palesemente irragionevole, il vincolo territoriale imposto al giudice, il quale deve individuare il luogo in cui il lavoro di pubblica utilità deve essere svolto nell’ambito della Provincia in cui il condannato risiede.
La norma suddetta non soltanto viola l’art. 3 Cost. ma si pone anche in contrasto con l’art. 27, terzo comma, Cost., alla stregua del quale le pene «devono tendere alla rieducazione del condannato».

Per scaricare il testo della sentenza clicca qui

Redazione Giurisprudenza Penale

Per qualsiasi informazione: redazione@giurisprudenzapenale.com