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Intervista di Alberto Stasi a ‘Le Iene’ e semilibertà: la sentenza con cui la Cassazione ha respinto il ricorso della Procura Generale

Cassazione Penale, Sez. I, 7 ottobre 2025 (ud. 1° luglio 2025), n. 32915
Presidente Santalucia, Relatore Centofanti

Segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla Procura Generale contro l’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza di Milano ha ammesso Alberto Stasi al regime di semilibertà.

Secondo la Procura Generale, «sebbene il permesso premio fosse stato concesso esclusivamente per la coltivazione di “ragioni affettive”, Stasi avrebbe approfittato dello spazio di libertà concessogli per conquistarsi “una tribuna pubblica” che non gli sarebbe spettata, oltretutto a fronte di nuove delicate indagini preliminari in corso sul medesimo omicidio».

Il Tribunale – ad avviso della Procura Generale – non avrebbe, dunque, «valutato l’infrazione posta in essere da Stasi durante la fruizione del permesso premio ottenuto nel marzo 2025, nel corso della quale il condannato aveva rilasciato un’intervista ad un noto programma televisivo a diffusione nazionale (Le Iene, ndr), senza aver ottenuto alcuna previa autorizzazione».

La Cassazione ha ritenuto il ricorso della Procura Generale infondato.

Il Tribunale di sorveglianza, «muovendo dal grave delitto commesso da Stasi, ha scrupolosamente analizzato le risultanze del trattamento, apprezzando – mediante argomentazioni analitiche, logiche ed esaurienti, qui incensurabili – l’evoluzione favorevole di personalità da esse riflessa, indicativa della progressiva risocializzazione del detenuto, pienamente convalidata da tutti gli operatori penitenziari».

Il Tribunale – prosegue la Corte – «ha specificamente valutato, in chiave trattamentale, l’esistenza dell’intervista, ma, dopo averne ricostruito toni e contenuto per il tramite della Direzione penitenziaria, ha ritenuto che il suo rilascio non violasse le prescrizioni al cui rispetto la fruizione del permesso premio era vincolata e non rappresentasse un fattore tale da inficiare il proficuo percorso trattamentale in atto. Anche sul punto la decisione è immune da vizi del ragionamento logico e supera il vaglio di legittimità».

In conclusione, «il Tribunale non ha sottaciuto l’esistenza di criticità residue di personalità, legate non già, dunque, all’intervista – mantenutasi nei limiti della continenza – quanto alla tendenza dell’interessato ad autoproteggersi e ad accreditare all’esterno un’immagine positiva della propria persona, in una prospettiva di recupero graduale di autostima che non può prescindere, per mantenere valore trattamentale, da ulteriori e concrete verifiche; tuttavia, con motivazione non lacunosa ed esente da profili di incoerenza o contraddittorietà, ha ritenuto tali aspetti non di pregnanza tale, alla luce del contesto complessivo e delle risorse a disposizione del condannato, da precludere l’ammissione alla richiesta misura alternativa, comunque di tipo marcatamente contenitivo».

Redazione Giurisprudenza Penale

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