La presente sezione, a cura di Giulio Corato, si pone l’obiettivo di creare un tavolo di confronto sul metodo giuridico e, più in particolare, sul metodo dell’interpretazione giuridica, nella strenua convinzione che l’attività interpretativa, quantunque caratterizzata da una fisiologica discrezionalità, presenti nondimeno ampi profili suscettibili di controllo finalizzato a vagliare la correttezza dei risultati ottenuti.
Il sistema delle fonti c.d. multilivello, in uno con un frequente approccio alle problematiche giuridiche forse eccessivamente casistico e privo di apprezzamenti “di sistema”, rafforza, ad avviso di chi scrive, l’esigenza di uno studio ex professo del modo con cui dai testi si estraggono le norme giuridiche. La complessità dell’ordinamento moderno aumenta infatti esponenzialmente il rischio che anche l’interpretazione – oltrechè la legge, secondo il noto insegnamento del Leviatano – divenga una mera questione di auctoritas non controllabile razionalmente.
Se è vero dunque che dalla filosofia greca in poi non esiste conoscenza che possa dirsi indipendente dal modo in cui viene ottenuta, ecco che, per evitare di perdersi nell’“opinione” giuridica più precaria, nella doxa ed ottenere invece una certezza “ragionevole” occorre methodos, ossia una via, un’insieme di regole che consenta di ragionare sul corretto uso degli argomenti giuridici. Come è stato autorevolmente affermato, l’individuazione del significato di certi documenti normativi avviene pur sempre in un contesto storico-culturale caratterizzato da regole e abitudini interpretative l’aderenza alle quali rende l’individuazione stessa non criticabile. Tuttavia, il contenuto di tali regole e abitudini è sovente poco problematizzato; ciò che determina un uso di talune etichette come minimo disinvolto – si pensi alla c.d. interpretazione conforme – e comunque tale da renderle vere e proprie scatole vuote, apparentemente idonee a giustificare i più bizzarri assunti, figli invero delle soggettive, reali e criptiche convinzioni di fondo degli interpreti.
Un simile lavoro per tentare di recuperare, sul piano scientifico, ciò che forse è superato, ciò che forse è demodé rispetto a più “evolute” visioni scettiche dell’interpretazione giuridica ma che in definitiva costituisce, a parere del sottoscritto, la fonte prima di legittimazione della funzione giurisdizionale nel nostro ordinamento: l’idea che quanto si statuisce in diritto possa essere “controllato” e, almeno in certa misura, “verificato”.
Tale idea guida di certo non pone quale intenzione o scopo del lavoro qui da svolgersi – né potrebbe in alcun modo – il fornire chissà quali concludenti criteri di verità o di correttezza dell’interpretazione giuridica; essa tuttavia – molto più semplicemente – impone, ove condivisa, di considerare scopo di un siffatto lavoro quello di sollevare problemi di verità mediante l’attento apprezzamento delle condizioni di liceità sottostanti ogni tecnica interpretativa.
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