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Favoreggiamento della permanenza nello Stato di immigrati clandestini : il reato è a dolo specifico e richiede il fine di trarre un profitto ingiusto – Cass. Pen. 26457/2013

Cassazione Penale, Sez. I, 18 giugno 2013, (ud. 24 aprile 2013), n. 26457
Presidente Giordano , Relatore Santalucia

Con la pronuncia numero 26457 depositata il 18 giugno 2013, la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha preso nuovamente posizione in ordine alla configurabilità del reato di favoreggiamento della permanenza nello Stato di immigrati clandestini.
Ad avviso dei giudici di legittimità, l’integrazione del reato in questione necessita – nell’ipotesi di rapporto contrattuale instaurato con essi – dell’elemento soggettivo del dolo specifico, consistente nella sussistenza in capo all’agente del fine di trarre un profitto ingiusto dalla permanenza predetta.
A sostegno di tale interpretazione è stato richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della configurazione del reato di favoreggiamento della permanenza nel territorio dello Stato di immigrati clandestini, non è sufficiente che l’agente abbia favorito la loro permanenza nel territorio dello Stato mettendo a loro disposizione unità abitative in locazione, ma è necessario che ricorra il dolo specifico, costituito dal fine di trarre un ingiusto profitto dallo stato di illegalità dei cittadini stranieri, che si realizza quando l’agente, approfittando di tale stato, imponga condizioni particolarmente onerose ed esorbitanti dal rapporto sinallagmatico (v. Sez. 1, n. 46070 del 23/10/2003 (dep. 28/11/2003), P.G. in proc. Scarselli, Rv. 226477).
Nel procedimento penale in questione la sentenza impugnata – come anche la sentenza di primo grado – aveva omesso di misurarsi con questo principio, limitandosi all’affermazione che la ricorrente agì per lucrare, o per far lucrare al proprietario dell’immobile, il canone di locazione, ritenuto per ciò solo oggetto di ingiusto profitto, a prescindere da ogni considerazione circa lo sfruttamento o meno delle condizioni di immigrati clandestini dei conduttori.
Pertanto, difettando un elemento necessario della fattispecie – quale appunto il dolo specifico – tale pronuncia è erronea e va annullata perché il fatto non costituisce reato.

Redazione Giurisprudenza Penale

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