ARTICOLICONTRIBUTIDIRITTO PENALETesi di laurea

L’analogia in malam partem nella giurisprudenza (Tesi di laurea)

Prof. relatore: Massimo Donini

Ateneo: Università degli studi di Modena e Reggio Emilia

Anno accademico: 2014-2015

La presente trattazione si propone di analizzare l’analogia intesa in primo luogo come base inferenziale ed in seconda istanza quale adminiculum ermeneutico. L’iter argomentativo prende le mosse dal saggio di Enzo Melandri “La linea e il circolo”, al fine di indagare i rapporti tra logica ed analogia, nonché la struttura stessa del ragionamento analogico. Seguendo il percorso logico offerto dall’autore ho sondato il valore probatorio dell’esempio nel ragionamento paradigmatico e la sua capacità mediatoria fino ad eseguire un raffronto tra Logica ed Analogia, laddove latu sensu la seconda è parte della prima mentre strictu sensu se ne differenzia: ecco quindi il raffronto tra calcolo logico ed analogico.

Superata la prima parte dedicata come detto ad un vaglio delle origini del ragionamento analogico, lo studio prosegue con un’indagine sull’opportunità di calare l’analogia nel diritto, affrontati alcuni cenni generali sulla vera o presunta certezza dell’inferenza si anticipa brevemente del rapporto tra analogia ed interpretazione – vero cuore dell’intero elaborato – cui si dedicherà ampia trattazione qualche pagina dopo. Ad un excursus storico che spazia dall’argomentum a simili ai tempi dello jus commune (primigenia forma di analogia legis) fino alla dottrina italiana agli albori del secolo scorso, segue una sezione normativo-dottrinale in cui si approfondisce il rapporto per certi versi conflittuale tra analogia e principio di legalità.

In particolar modo, si cerca di dimostrare che ad aprire le porte ad una prassi interpretativa scorretta ed irrispettosa dei divieti di legge sanciti su tutti dagli artt. 25 Cost. e 14 prel. sia una tecnica legislativa connotata da peculiare indeterminatezza. Il paragrafo IV del secondo capitolo è interamente dedicato ai divieti espressi ed impliciti di analogia attraverso una rassegna di dottrina estremamente ampia, da Garofoli che fonda il divieto di analogia in materia penale nel principio di determinatezza, alla concezione tripartita del principio di legalità elaborata da Marinucci-Dolcini passando poi allo studio delle tesi di Bobbio sul divieto espresso di cui all’art. 14 Prel. Appendice di questa sezione è una micro-sezione giurisprudenziale dedicata alla Sent. Scoppola ed al divieto di analogia correlato al principio di determinatezza come affermati dalla Corte Edu; di pari interesse è ritenuta la sentenza S.S. U.U. Beschi. La sezione dottrinale si incentra in primo luogo sul complesso rapporto tra analogia ed interpretazione (da Bobbio che ne afferma il carattere interpretativo a Donini che teorizza una diversità ermeneutica del diritto penale) spostando poi la lente di analisi sull’altrettanto insidioso raffronto analitico tra analogia ed interpretazione estensiva.

L’ultima sezione è interamente dedicata ad alcuni casi paradigmatici di applicazione analogica di fattispecie incriminatrici: la truffa e l’insolvenza fraudolenta, con particolare attenzione prestata al caso dell’automobilista asseritamente insolvente (art. 2 L.F.) al pagamento del pedaggio; la turbata libertà degli incanti e la species (perifrasi di cui rivendico la paternità) delle c.d. gare informalmente informali. Molto spazio viene dedicato poi allo studio dell’art. 434 c.p. ovvero una delle fattispecie più complesse e criticate fino alla recente introduzione di autonoma disposizione incriminatrice. Dall’analisi genetica della norma agli approfondimenti sui casi Icmesa-Seveso, Enichem – Porto Marghera ed Eternit S.p.a. In limine l’analisi dell’omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e la tendenza ad estendere la dizione infortuni a fenomeni patologici.

Le conclusioni sono interamente dedicate ad una aperta critica alla prassi interpretativa analogica applicata alle norme incriminatrici cui si accompagna un auspicio di riforma (poi riscontrato dal legislatore con l’introduzione dell’art. 452 quater c.p.) di quelle disposizioni che per struttura linguistica ed architettura normopoietica si aprono a possibili applicazioni analogiche.