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Vicenda Puidgemont: la persona offesa (il partito politico “Vox”) non rientra tra i soggetti legittimati a partecipare al procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Cassazione Penale, Sez. VI, 28 dicembre 2021 (ud. 16 dicembre 2021), n. 47244
Presidente Fidelbo, Relatore D’Arcangelo

Segnaliamo ai lettori – in merito alla vicenda Puigdemont (nella quale il partito politico “Vox” aveva chiesto di intervenire quale persona offesa nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo) – la sentenza con cui la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che l’art. 90 cod. proc. pen. non si applica al procedimento di consegna esecutivo di un mandato di arresto europeo, non rientrando la persona offesa, a norma dell’art. 17, comma 1, legge 22 aprile 2005, n. 69, tra i soggetti legittimati a parteciparvi.

Tale disposizione – si legge nella sentenza – «mutuando l’archetipo delineato per il procedimento estradizionale dall’art. 702 cod. proc. pen., disciplina specificamente i soggetti legittimati e prevede che, salvo i casi di consenso dell’interessato all’esecuzione del mandato di arresto europeo, la corte di appello decide con sentenza in camera di consiglio sull’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della richiesta di consegna, sentiti il procuratore generale, il difensore, e, se compare, la persona richiesta in consegna, nonché, se presente, il rappresentante dello Stato richiedente».

Tale previsione, dunque, «enuncia tassativamente i soggetti legittimati a intervenire nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo innanzi all’autorità giudiziaria e non contempla la persona offesa. Nessuno spazio è, dunque, previsto nella disciplina interna, né tanto meno nella decisione quadro 2002/584 per l’intervento di parti diverse da quelle espressamente contemplate e, segnatamente, di parti private diverse dalla persona richiesta in consegna».

Nemmeno «può consentirsi l’intervento della parte lesa nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo ricorrendo alla previsione generale dell’art. 90 cod. proc. pen., che consente alla stessa il deposito di memorie in ogni stato e grado del giudizio. L’art. 39, primo comma, della legge n. 69 del 2005 sancisce, infatti, che “per quanto non previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari, in quanto compatibili”. Tale previsione qualifica il sistema delineato dalla legge italiana di attuazione della decisione quadro come “aperto” e, dunque, preordinato a recepire la disciplina del codice di procedura speciale e della leggi complementari».

L’operatività della clausola di rinvio alla disciplina processuale comune «postula, tuttavia, sul piano logico, una lacuna nella legge n. 69 del 2005 e che la disposizione di cui si invoca l’applicazione sia compatibile con gli scopi della disciplina e la natura del procedimento in materia mandato di arresto europeo. Nel caso di specie, tuttavia, l’elencazione tassativa dei soggetti ammessi a contraddire in ordine all’esecuzione del mandato di arresto europeo innanzi all’autorità giudiziaria italiana operata dall’art. 17, primo comma, della legge n. 69 del 2005 esclude in radice la ricorrenza di una lacuna della legge».

Per un approfondimento sulla vicenda rinviamo all’articolo di N. Canestrini, Il mandato di arresto europeo: la tutela dei diritti fondamentali unico motore del mutuo riconoscimento. Riflessioni sul caso Puidgemont, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 10.

Redazione Giurisprudenza Penale

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