Processo minorile, decreto Caivano e messa alla prova per la violenza sessuale aggravata: il Tribunale di Roma solleva questione di legittimità costituzionale
Tribunale per i minorenni di Roma, Ordinanza, 17 aprile 2025
Presidente estensore dott.ssa Manfredonia
In tema di processo penale minorile e messa alla prova, segnaliamo ai lettori l’ordinanza con cui il Tribunale per i minorenni di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 5 bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988 per contrasto con gli articoli 31 secondo comma, 117 primo comma e 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai delitti previsti dall’art. 609 bis del codice penale limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’art. 609 ter del codice penale.
Secondo il giudice a quo, “prevedere un catalogo di reati (tra cui la violenza sessuale aggravata in esame) in relazione ai quali è preclusa iuris et de iure all’imputato la possibilità di accesso a questo importante istituto di recupero e reinserimento sociale – senza possibilità da parte del giudice di valutare nel merito la richiesta, neanche sotto il profilo della valutazione di una mera fattibilità – costituisce un vulnus non solo di tutela e protezione del minore autore del reato, ma anche dell’intera collettività contro i rischi di una possibile recidiva, anche sotto il profilo, come sopra indicato, di impedire l’avvio di processi di mediazione penale e/o di giustizia riparativa con la persona offesa dal momento che i progetti di messa alla prova possono coinvolgere anche le persone offese, soprattutto se minorenni e vittime di particolari reati, quale quello in esame, prevedendo specifiche prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione, ove ne ricorrano le condizioni“.
D’altronde, la stessa Corte costituzionale ha ribadito che il “fulcro della giustizia minorile consiste in valutazioni fondate su prognosi individualizzate, in grado di assolvere al compito del recupero del minore deviante” e che “la messa alla prova, quale istituto di protezione della gioventù, ai sensi dell’art. 31, secondo comma, Cost., ha lo scopo primario di favorire l’uscita del minore dal circuito penale, la più rapida possibile, soprattutto attraverso una riflessione critica del giovane, sul proprio vissuto e la propria condotta, in mancanza della quale l’istituto stesso diverrebbe mezzo di pura deflazione, tra l’altro stimolando, per una sorta di eterogenesi dei fini, calcoli opportunistici dell’indagato minorenne“.