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Pene naturali (figlio investito dalla madre): la richiesta di archiviazione della Procura di Milano

Procura di Milano, richiesta di archiviazione, 23 aprile 2025
Sostituto Procuratore Dott. Paolo Storari

Segnaliamo ai lettori, in considerazione dell’interesse della vicenda, la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Milano nei confronti di una madre indagata per aver cagionato, per colpa, lesioni personali gravissime nei confronti del figlio.

La Procura prende le mosse osservando come, in queste situazioni – nelle quali «l’indagata sconta già una sorta di “ergastolo con fine pena mai” e una eventuale pena statale non avrebbe alcuna funzione» -, «le strade in astratto percorribili siano essenzialmente tre:

a) proporre alla madre di patteggiare una pena minima, a pena sospesa; in questo caso, l’ordinamento reagirebbe senza alcuna ragione o necessità e solo per riaffermare una norma di divieto e il diritto perderebbe la sua funzione strumentale;

b) cercare se nell’ordinamento, a fronte della ferma convinzione della ingiustizia della soluzione sub) a), esistano valvole di sfogo (al di fuori della questione di legittimità costituzionale, già praticata senza successo: Corte Cost. n. 48/2024) che consentono di escludere la punibilità (e anche “la pena del processo”).

c) sollevare questione di legittimità costituzionale degli articoli 582, 583 comma 2 n. 1 c.p. nella parte in cui punisce le lesioni personali gravissime cagionate per colpa dalla madre al figlio per contrasto con l’art. 27 comma 3 Cost. nella parte cui vieta pene inumane».

Secondo la Procura di Milano, «lo strumento andrebbe individuato nell’art. 131 bis c.p., dando rilevanza al principio di proporzionalità della pena (aggiungere alla sofferenza naturale la pena statale determinerebbe una sproporzione tra reato e pena, che verrebbe in buona sostanza inflitta due volte) e al principio di colpevolezza (reputando lievi fatti che, pur provocando gravi lesioni, sono connotati da colpevolezza minima)».

Qualora non si ritenesse percorribile tale strada, «non resterebbe che sollevare questione di legittimità costituzionale degli articoli 582, 583 comma 2 n. 1 c.p.»

La Procura di Milano – citando il libro del Prof. Manes (“Introduzione ai principi costituzionali in materia penale”) – prosegue osservando come «vi sia anche nella Costituzione italiana un’espressa menzione dell’assai risalente principio di “umanità della pena”, declinato anche, in diversa prospettiva, quale divieto di pene crudeli o inusuali o di pene o trattamenti inumani e degradanti». Si tratta di «un principio fondamentale nel ricostruire il “volto costituzionale della pena” anche nel nostro ordinamento, intervenendo come limite minimo ed insuperabile – fondato sulla dignità della persona umana -, come prerequisito di ogni intervento statale punitivo, che viene in rilievo prima e più in alto di ogni considerazione concernente la funzionalizzazione rieducativa e la proporzione del trattamento sanzionatorio».

In estrema sintesi, «il principio di umanità della pena richiama lo Stato – ossia il titolare della potestà punitiva – al rispetto di una superiorità, etica e deontologica, rispetto al crimine e al suo autore: ad evitare la degenerazione che vorrebbe replicare alla brutalità con la brutalità, alla violenza con la violenza, alla crudeltà con la crudeltà, e così stabilendo una differenza fondamentale che separa la pena dalla cieca vendetta». Si tratta, in altri termini, «di un principio che è parte, per così dire, dei “minima moralia” di ogni ordinamento punitivo che voglia dirsi “civile”, ossia delle precondizioni perché esso possa considerarsi un ordinamento improntato alla “civiltà del diritto”, e non alla barbarie o, appunto, all’ottuso furore vendicativo».

In conclusione, la Procura di Milano ha chiesto al GIP di «escludere punibilità del fatto ascritto all’indagata ai sensi dell’art. 131 bis c.p. o, in subordine, di sollevare questione di legittimità costituzionale degli articoli 582, 583 comma 2 n. 1 c.p. nella parte in cui punisce le lesioni personali gravissime cagionate per colpa incosciente dalla madre al figlio, per contrasto con l’art. 27 comma 3 Cast. nella parte cui vieta pene inumane».

Redazione Giurisprudenza Penale

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