MAE: la sentenza della Cassazione nel caso del sabotaggio del gasdotto Nord Stream
Cassazione Penale, Sez. VI, 21 novembre 2025 (ud. 19 novembre 2025), n. 37897
Presidente De Amicis, Relatore Ricciarelli
Segnaliamo ai lettori, con riferimento al caso del gasdotto Nord Stream, la sentenza con cui la sesta sezione penale della Corte di cassazione – che in precedenza aveva annullato con rinvio la (prima) decisione con cui la Corte di Appello di Bologna aveva disposto la consegna all’autorità giudiziaria tedesca di un cittadino ucraino – ha rigettato il ricorso presentato contro la (seconda) decisione con cui la Corte di appello di Bologna, il 23 ottobre 2025, aveva disposto la consegna di Serhii Kuznetsov alla Suprema Corte Federale di Cassazione della Germania.
Per quanto attiene al tema dell’immunità funzionale oggettiva, “il ricorrente, che dispone di un documento riferibile alla sua veste di militare, aveva addotto che il fatto del sabotaggio dei gasdotti Nord Stream fosse da inquadrare nella strategia della resistenza contro l’invasione russa dell’Ucraina e che esso costituisse un atto compiuto iure imperii su ordine dei superiori e in rappresentanza dello Stato ucraino, atto peraltro legittimo e non qualificabile come crimine di guerra“.
I giudici, dopo aver ricordato che l’immunità “sottende la tutela di un diritto fondamentale costituito dalla sfera di libertà del soggetto interessato, la cui esigenza di protezione potrebbe risultare pregiudicata dall’attivazione di un procedimento, se non precluso all’origine“, hanno ritenuto che la Corte territoriale “non abbia eluso il tema, avendo rilevato come nessun elemento consenta di affermare che l’azione di sabotaggio abbia costituito realmente un atto compiuto iure imperii nella veste di organo di uno Stato sovrano in forza di ordini provenienti da Autorità dello Stato di appartenenza del ricorrente, quand’anche elusivi di decisioni di organi politici“.
Nel quadro di un rigoroso inquadramento dell’immunità – si legge nella pronuncia – “è necessario che la stessa emerga su basi inoppugnabili in relazione alla concreta veste di organo assunta dal soggetto agente”, non essendo sufficiente il riferimento alla risoluzione n. 56/83 adottata dall’Assemblea Generale dell’O.N.U. in tema di “responsabilità degli Stati per gli atti internazionalmente illeciti”, il cui contenuto, a ben guardare, non conduce alle conclusioni auspicate in chiave difensiva, esigendo pur sempre, affinché un comportamento possa dirsi un atto dello Stato, la spendita della qualità di organo o comunque che la persona о l’entità sia autorizzata ad esercitare strumenti dell’autorità governativa, occorrendo che il soggetto agisca effettivamente sotto la direzione o il controllo dello Stato“.
In conclusione, si è affermato il principio secondo cui “l’esistenza di un’immunità funzionale – quale fattore preclusivo alla consegna – non può essere genericamente evocata, ma deve essere puntualmente dimostrata in relazione ai presupposti e alle condizioni che ne giustificano l’immediato riconoscimento in capo al soggetto che ne invoca la rilevanza”.
Con specifico riferimento al tema della natura di reato politico del delitto alla base del mandato di arresto europeo, i giudici di legittimità hanno affermato che, “a seguito della novellazione dell’art. 18 della legge 22 aprile 2005, n. 69, ad opera dell’art. 14, comma 1, d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, la natura politica del reato per cui risulta emesso il mandato di arresto europeo non costituisce, di per sé, ragione sufficiente per giustificare il rifiuto della consegna, essendo necessaria, a tal fine, la prospettazione del rischio concreto che dalla sua esecuzione possa derivare un atto o un comportamento discriminatorio in danno del ricorrente, nell’ambito di un processo che possa assumere connotati di iniquità“.
Quanto al tema di un possibile bis in idem europeo – relativo all’archiviazione di un procedimento relativo ai medesimi fatti da parte dell’autorità giudiziaria danese – i giudici hanno affermato che se, da un lato, “anche un provvedimento di archiviazione può costituire la base di un giudicato europeo preclusivo (quando tale provvedimento sia stato adottato da un organo che partecipi dell’amministrazione della giustizia nell’ordinamento nazionale di riferimento, sia competente ad accertare, ed eventualmente a punire, il comportamento illecito sulla base delle prove raccolte, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, e l’azione penale si sia definitivamente estinta)“, dall’altro, “le deduzioni difensive sul punto risultano generiche е non sostenute dalle relative allegazioni, che non giustificano, sulla base di quanto emergente, neppure un approfondimento volto all’acquisizione del provvedimento genericamente indicato, in cui si sarebbe solo indicato che non vi sono basi sufficienti per l’instaurazione di un procedimento penale, in un quadro che non risulta connotato da dirimente definitività, coinvolgente specificamente la posizione del ricorrente“.







