ARTICOLIDIRITTO PENALEParte speciale

Anche i fumetti rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 600-quater 1 c.p. (“pedopornografia virtuale”).

Cassazione Penale, Sez. III, 16 giugno 2025, n. 22579
Presidente Di Nicola, Relatore Giorgianni

Segnaliamo ai lettori, in tema di “pedopornografia virtuale“, la sentenza con cui la Corte di cassazione ha ribadito l’orientamento secondo cui anche i fumetti rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 600-quater 1 c.p.

Il legislatore – si legge nella sentenza – «ha voluto assegnare una tutela rafforzata all’intangibilità della personalità dei minori e al rispetto dei tempi e modi di sviluppo della loro personalità mediante la criminalizzazione di tutte quelle condotte che, rappresentandoli, esprimano la possibilità di un loro coinvolgimento in quelle attività sessuali in relazione alle quali non sono in grado di prestare un valido consenso».

La Corte ricorda che «la severità con la quale deve essere perseguita ogni condotta di “pedopornografia telematica” si spiega in considerazione dell’incremento dello scambio di files, potendo il  “materiale pedopornografico” comprendere in alternativa: a) la rappresentazione di un abuso sessuale di un minore reale; b) l’immagine pornografica rappresentante una persona che appaia essere un minore impegnato in attività sessuali; c) le immagini che, sebbene realistiche, non coinvolgono un minore realmente impegnato in attività sessuali». L’interesse tutelato dalle tre situazioni è diverso: «nella prima, si tratta di protezione contro l’abuso di minore; nella seconda e nella terza, il focus afferisce più direttamente alla protezione contro un comportamento che, seppure non abbia necessariamente offeso uno specifico minore (potendo anche essere “non reale”), potrebbe essere usato per favorire l’abuso sui minori».

E’ stato, quindi, «affermato che il concetto di “pedopornografia virtuale” comprende la realizzazione di immagini senza l’impiego di bambini reali, utilizzando la tecnologia digitale per lo sviluppo di immagini tratte da soggetti reali, sicché in tale concetto dovranno essere compresi sia immagini del minore impegnato in attività sessuali – con riproduzione reale dello stesso in una situazione di “fisicità pornografica” – ma anche disegni, pitture, e tutto ciò che sia idoneo a dare allo spettatore l’idea che l’oggetto della rappresentazione pornografica sia un minore».

Si tratta – continua il collegio – «di riproduzioni artificiali, che, sebbene realistiche, sono il puro frutto della tecnologia grafica e della fantasia sessuale dell’autore, integrando un reato di pericolo concreto, in cui l’offesa deve essere valutata dal giudice in riferimento alla qualità pedopornografica del prodotto informatico e alla sua capacità rappresentativa di minori coinvolti in attività sessuali».

In conclusione, «non si possono escludere dall’applicabilità dell’art. 600-quater.1 c.p. le rappresentazioni fumettistiche, dal momento che vi possono essere – anche nei fumetti – immagini la cui qualità di rappresentazione faccia apparire come vere situazioni, ed attività sessuali implicanti minori, che non hanno avuto alcuna corrispondenza con fatti della realtà: la qualità di rappresentazione deve essere tale da far apparire come accadute o realizzabili nella realtà e, quindi, “vere“, ovvero verosimili, situazioni non reali, ossia frutto di immaginazione di attività sessuali coinvolgenti bambini».

Redazione Giurisprudenza Penale

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