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Atti sessuali con minorenne: per il tentativo non è necessario il contatto fisico – Cass. Pen. 31290/2013

Cassazione Penale, Sezione IV, 22 luglio 2013 (ud. 16 aprile 2013), n. 31290
Presidente Bianchi, Relatore Izzo

Depositata il 22 luglio scorso la sentenza numero 31290 della quarta sezione penale riguardo al reato di cui all’art. 609 quater c.p. (atti sessuali con minorenne).
Nella vicenda in esame la Corte di Appello – dopo un precedente annullamento con rinvio ad opera della Cassazione – aveva confermato la condanna irrogata in primo grado ritenendo che le condotte poste in essere dall’imputato, per la loro invasività ed idoneità a compromettere lo sviluppo psicofisico dei minori, non potevano essere qualificate come mere molestie, ma debordavano nel tentativo di violenza sessuale che, secondo la più recente giurisprudenza, prescinde dal contatto fisico.
Proponeva ricorso per Cassazione l’imputato lamentando, tra gli altri motivi, la erronea applicazione della legge e la insufficienza della motivazione laddove al corte aveva pronunciato la condanna senza che fosse provata la idoneità delle condotte a ledere la sfera sessuale fisica delle vittime; invero nessun contatto corporeo vi era stato tra le parti, nè era stato provato che le condotte poste in esser avrebbero potuto determinare il consenso delle vittime.

La Suprema Corte ha ritenuto non fondato il ricorso.
In particolare i giudici prendono le mosse dal concetto di “corporeità“, ricordando come la giurisprudenza di legittimità abbia più volte affrontato l’argomento della differenza tra il delitto di violenza sessuale e la contravvenzione di molestie, specificando che la nozione di “atti sessuali”, cui fa riferimento l’art. 609 bis c.p., poichè nasce dalla somma delle due nozioni di congiunzione carnale e di atti di libidine che la legislazione previgente considerava e disciplinava separatamente, non può non comportare un coinvolgimento della corporeità sessuale della persona offesa (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2941 del 28/09/1999 Cc. (dep. 03/11/1999), Rv. 215100). Si è da ciò dedotto – ad esempio – che non possono qualificarsi come “atti sessuali”, nel senso richiesto dalla norma incriminatrice, tutti quegli atti, i quali, pur essendo espressivi di concupiscenza sessuale, siano però inidonei (come nel caso dell’esibizionismo, dell’autoerotismo praticato in presenza di altri costretti ad assistervi o del “voyeurismo”), ad intaccare la sfera della sessualità fisica della vittima (cfr. anche, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23094 del 11/05/2011 Ud. (dep. 08/06/2011), Rv. 250654; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7365 del 18/01/2012 Ud. (dep. 24/02/2012), Rv. 252132).
In linea di principio, pertanto, può affermarsi che non sono tipiche tutte quelle condotte che non coinvolgono il corpo della vittima, in quanto non costretta a “compiere” o a “subire” gli atti sessuali. In applicazione di tale principio, coerentemente è stata esclusa la configurabilità della tentata violenza sessuale con riguardo ad un fatto di masturbazione dinanzi ad una minore (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23094 del 11/05/2011 Ud. (dep. 08/06/2011), Rv. 250654).

Ciònonostante – prosegue la pronuncia – nel caso oggetto di giudizio non va dimenticato che i delitti per i quali l’imputato è stato condannato non sono stati consumati, ma sono rimasti al livello di tentativo.
Pertanto – e questo è il passaggio centrale del percorso motivazionale – ciò che la corte di merito era chiamata a valutare come provata, non era la corporeità degli atti commessi dall’imputato, ma la loro idoneità ed univocità a determinare la invasione della sfera corporea delle vittime, attraverso un giudizio ex ante in relazione al caso concreto.
Orbene, la condotta posta in essere dall’ imputato, di volta in volta, in danno dei minori, presenta una invasività tale (si verifica un vero e proprio “accerchiamento” della vittima) da essere stata ritenuta dal giudice di merito, con valutazione ex ante, idonea alla costrizione ovvero a carpire il consenso agli atti sessuali invocati.
Quanto al requisito della univocità della condotta, essa emerge oggettivamente non solo dal tenore non equivoco delle frasi pronunciate, ma anche dal fatto che gli inviti a consumare gli atti sessuali sono stati accompagnati dalla indicazione di luoghi di consumazione in grado di garantire una sfera di intimità (casa, ascensore, parco).

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Redazione Giurisprudenza Penale

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