CONTRIBUTIDiritto Penitenziario

Liberazione anticipata nei LPUS: il nodo irrisolto sulla competenza

in Giurisprudenza Penale Web, 2025, 7-8 – ISSN 2499-846X

Ufficio di Sorveglianza di Reggio Emilia, Ordinanza, 4 giugno 2025
Ufficio di Sorveglianza di Bologna, Ordinanza, 3 giugno 2025

La competenza funzionale a decidere sulle istanze di liberazione anticipata in materia di lavori di pubblica utilità sostitutivi costituisce un tema attualmente oggetto di vedute divergenti, passibile di divenire una vera e propria vexata quaestio tra la Suprema Corte e le posizioni adottate, a più riprese, dalla magistratura di merito.

Da ultimo, si segnala la pubblicazione di due significative ordinanze emesse dagli Uffici di Sorveglianza di Bologna e di Reggio Emilia in cui la lettura della Cassazione è orientata verso il sindacato del giudice che applica il lavoro di pubblica utilità sostitutivo, nella qualità di giudice chiamato a curarne l’esecuzione, escludendo dunque il sindacato del magistrato di sorveglianza.

Il legislatore della riforma ha ridisegnato il sistema delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi al precipuo fine di dare attuazione concreta all’esigenza di deflazione processuale e penitenziaria, in coerenza con i principi enunciati dall’art. 1, comma 17 della L. 27 settembre 2021, n. 134.

Giova preliminarmente evidenziare come nel novellato contesto normativo entra in gioco l’applicabilità della misura premiale della liberazione anticipata di cui all’art. 54 ord. pen. anche alle pene sostitutive delle pene detentive brevi e, nello specifico, ai lavori di pubblica utilità sostitutivi, connotati da natura non detentiva e pertanto destinatari di una disciplina ad hoc.

A fronte di una iniziale interpretazione restrittiva, la Suprema Corte con sentenza n. 10302/2025, confortata da puntuali indici normativi, è approdata ad una soluzione ermeneutica favorevole a riconoscere la piena compatibilità tra i due istituti.

In particolare, i giudici della prima sezione penale della Cassazione, ripercorrendo l’evoluzione normativa e sistematica, da un lato, hanno escluso lo status detentionis tra gli elementi di discrimine per la concessione del beneficio e, dall’altro, hanno valorizzato  la ratio su cui fa leva l’intera disciplina delle pene sostitutive. Si promuove così l’equiparazione tra i condannati in espiazione di pene sostitutive ed i condannati in espiazione di pene detentive, concludendo in termini di positivo riconoscimento circa la portata applicativa dell’istituto premiale anche ai lavori di pubblica utilità sostitutivi.

Residuano tuttavia spazi di ombra relativamente alla questione della competenza funzionale a decidere in ordine alla concessione della liberazione anticipata in materia di LPUS.

L’interrogativo che investe gli operatori del diritto riguarda l’individuazione dell’organo competente a decidere su questa tipologia di istanze, vale a dire se debba ritenersi competente il giudice della cognizione, in qualità di giudice che ha irrogato la pena sostitutiva, ovvero il magistrato di sorveglianza.

A tal proposito occorre procedere con ordine, offrendo una disamina delle argomentazioni logiche e giuridiche sottese alle ordinanze emesse dagli Uffici di Sorveglianza di Bologna e di Reggio Emilia, pronunciatisi sul punto con argomentazioni di notevole pregio, così rendendosi protagonisti del fiorente contrasto esegetico in atto.

Entrambe le ordinanze offrono le loro osservazioni in merito alle istanze avanzate, per il tramite del difensore, ai rispettivi Uffici di Sorveglianza per la concessione del beneficio di cui all’art. 54 ord. pen. sui semestri di pena sostitutiva – quella del lavoro di pubblica utilità – già scontati, basandosi nell’uno e nell’altro caso sulla sentenza n. 116/2025 emessa il 10.01.2025, depositata il 13.03.2025, dalla Corte di Cassazione, Sezione I, confortata peraltro da una successiva sentenza, ovverosia la n. 18955 del 20.03.2025, depositata il 21.05.2025.

Tali pronunce hanno attribuito la competenza funzionale al magistrato di sorveglianza, ritenendo inequivoco il dato normativo di cui all’art. 69-bis ord.pen., in virtù del quale “ai sensi dell’art. 69-bis, della lela legge 26 luglio 1975, n. 354 come sostituito, da ultimo, dal dl. 4 luglio 2024, n. 92, conv. in l. 8 agosto 2024, n. 112 (in epoca successiva, quindi, all’entrata in vigore del d.lgs. 150 del 2022), la competenza funzionale a decidere in ordine alla concessione della liberazione anticipata spetta al magistrato di sorveglianza (art. 69-bis cit., comma 4 «Il provvedimento che concede o nega il riconoscimento del beneficio è adottato dal magistrato di sorveglianza»), che decide con ordinanza reclamabile al Tribunale di sorveglianza (art. 69-bis cit., comma 5)”.

Purtuttavia, come evidenziato dalle ordinanze in esame, è la stessa pronuncia a non esimersi dal sottolineare come sarebbe stato auspicabile concentrare la competenza in capo al giudice dell’esecuzione, anche con riguardo alla concessione della liberazione anticipata.

Ebbene, proprio tale esitazione della Suprema Corte lascia spazio al rimarcato dissenso espresso dagli Uffici di Sorveglianza emiliani che si esprimono con lungimirante chiarezza metodologica. Entrambi, suffragati da indici normativi e non solo, convergono nell’affermare la competenza in materia del giudice della cognizione.

In ordine all’istituto dei lavori di pubblica utilità sostitutivi, meritano considerazione anche le osservazioni prodromiche fornite dai magistrati estensori delle due ordinanze. Proprio partendo da queste premesse, si consente ai lettori di meglio inquadrare l’evoluzione esegetica e normativa nonché la voluntas legis, che hanno rappresentato il monito sia per il legislatore per la  riscrittura dell’istituto delle pene sostitutive sia per gli Uffici di Sorveglianza de qua per sviluppare un magistrale iter logico-argomentativo a sostegno delle loro posizioni.

Le premesse teoriche si snodano attorno ad alcune peculiarità, prima tra tutte la natura non detentiva dei lavori di pubblica utilità sostitutivi che tuttavia non viene meno, in quanto strutturandosi come pena-programma volta ad una positiva reintroduzione sociale del condannato, ne evitano la desocializzazione e, parimenti, consentono alla persona offesa e, in generale, alla società di percepire il loro reale contenuto sanzionatorio.

Per mitigare il carico della magistratura di sorveglianza, la disciplina di nuovo conio, da un lato, affida al giudice della cognizione non solo l’applicazione e la supervisione della pena sostitutiva in questione, ma anche l’interlocuzione periodica, le istanze relative ad eventuali situazioni patologiche sopraggiunte che richiedono la modifica delle prescrizioni ovvero la revoca e/o la conversione della pena residua e, dall’altro, concentra sul medesimo organo il vaglio finale circa l’effettivo e corretto svolgimento del lavoro di pubblica utilità.

Trattasi di attribuzioni che si ricavano dalla lettura del Capo III della Legge n. 689 del 1981, così come riformato, che, dunque, non lascia adito a dubbi: il monitoraggio del lavoro di pubblica utilità sostitutivo è riservato al giudice della cognizione perché è lui che, curandone l’esecuzione, meglio conosce ogni profilo del condannato e del titolo per cui si trova sub iudice.

A questo punto è possibile entrare nel merito della questione relativa alla competenza a decidere sulla istanza di liberazione anticipata da concedere al condannato che ha scontato la misura sostitutiva in esame e, quindi, analizzare le ragioni sistematiche che hanno portato i magistrati di sorveglianza emiliani a discostarsi dall’orientamento condiviso dalla Suprema Corte nella citata sentenza.

Entrambe le ordinanze offrono una lettura alternativa basata primariamente sull’art. 76 della Legge 689/1981, in particolare sulla clausola di compatibilità ivi espressamente sancita, e secondariamente sul criterio ermeneutico suppletivo costituito dalla volontà legislativa.

A norma dell’art. 76, alle pene sostitutive si applicano singole norme della legge sull’ordinamento penitenziario, quali l’art. 47, comma 12-bis, l’art. 51-bis, l’art. 51-quater e l’art. 53-bis, in quanto compatibili.

E, a parere dei giudici emiliani, è proprio la clausola di compatibilità a rappresentare la stella polare della dibattuta questione, poiché, inserendo detta clausola nel testo della norma così come riformato, gli interpreti sono tenuti a valutare la compatibilità degli istituti richiamati con l’assetto delle nuove pene sostitutive.

Pertanto, il rinvio dell’art. 76 alla disciplina della liberazione anticipata di cui all’art. 47, comma 12-bis ord.pen., andrebbe inteso come mero rinvio formale all’istituto premiale e nulla più perché, diversamente opinando, vi sarebbe una deviazione immotivata della ratio e della struttura della norma, che comporterebbe un’automatica estensione di competenza  e dell’intera procedura di cui all’art. 69-bis ord.pen. – non menzionata dall’art.76 – in capo al magistrato di sorveglianza.

A più riprese, le ordinanze in commento evidenziano come dal momento che il giudice dell’esecuzione è posto all’intera gestione dei LPUS, la tesi opposta sostenuta dalla Suprema Corte “striderebbe con l’interpretazione del dato letterale basata sulla riserva di compatibilità”.

L’attribuzione al giudice della cognizione della competenza per la concessione della liberazione anticipata per i periodi di LPUS già scontati trova altresì conferma negli atti preparatori e nella relazione illustrativa del D.Lgs. n. 150/2022, in cui si evidenzia la tecnica normativa utilizzata dal legislatore delegato nel disporre il rinvio alle disposizioni dell’ordinamento penitenziario, salva la clausola di compatibilità.

Tale proposito è facilmente desumibile in diversi passaggi della relazione ove si menziona la necessità di allineamento, di integrazione e di coerenza che intende realizzare tra alcuni istituti tipici delle misure alternative e la disciplina delle pene sostitutive, giustificando in tal senso la scelta di operare espliciti richiami ad alcune norme della legge sull’ordinamento penitenziario, compatibili anche con le pene sostitutive. Peraltro, l’intenzione legislativa è decisamente esplicita nel passaggio in cui, sempre in tema di liberazione anticipata, si riferisce all’art. 51-bis ord.pen. affermando che “si reputa opportuno affidare al magistrato ovvero al giudice preposti all’esecuzione delle pene sostitutive anche la valutazione degli effetti del sopravvenire di un nuovo titolo esecutivo di pena sostitutiva, applicando i criteri di cui all’art. 70”.

Ad avviso dei magistrati estensori è chiaro che la scelta del legislatore della riforma sia stata proprio quella di concentrare ogni competenza in materia di pene sostitutive in capo al giudice della cognizione in quanto è lui ad essere preposto a curarne l’esecuzione. Diversamente, non si spiegherebbe l’inserimento di una clausola di compatibilità all’interno del novellato art. 76 L. 689/1981.

La criticità di seguire l’interpretazione adottata dalla Suprema Corte consisterebbe, sic et simpliciter, in una duplicazione di attribuzioni giurisdizionali che andrebbe ad alterare l’unitarietà del rapporto esecutivo e ad ostacolare le esigenze di semplificazione, di celerità e di efficienza dell’esecuzione, con implicazioni inevitabili sul  condannato. A ciò si aggiunga che, come evidenziato dall’Ufficio di Sorveglianza di Bologna, una scissione delle competenze comporterebbe problematiche pratiche anche in sede di udienza finale per la declaratoria di estinzione della pena sostitutiva in relazione all’eventuale rideterminazione della pena residua.

In conclusione, al di là delle valutazioni di ordine più strettamente normativo e sistematico, occorre chiedersi se, data per assodata l’applicazione della liberazione anticipata al lavoro di pubblica utilità sostitutivo e considerate le ambizioni del nuovo progetto legislativo, nonché  l’opera di monitoraggio affidata dal legislatore in via esclusiva al giudice della cognizione, vi è ragione per investire la magistratura di sorveglianza, già sotto organico a fronte della dilagante emergenza carceraria in essere, di una competenza che parrebbe meglio calarsi in capo a chi, invece, dispone di tutti gli elementi rilevanti ai fini di una decisione come quella della concessione al condannato al LPUS del beneficio di cui all’art. 54 ord. pen.

Come citare il contributo in una bibliografia:
M. D’Alessandro, Liberazione anticipata nei LPUS: il nodo irrisolto sulla competenza, in Giurisprudenza Penale Web, 2025, 7-8