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Sulla sussistenza di una posizione di garanzia in capo all’amministratore di sostegno

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Cassazione Penale, Sez. V, 26 febbraio 2016 (ud. 19 ottobre 2015), n. 7974
Presidente Lombardi, Relatore Settembre

Nella sentenza in commento la Corte di Cassazione chiarisce la posizione dell’amministratore di sostegno in relazione al delitto di abbandono di persone minori o incapaci previsto dall’art. 591 c.p.

Il reato punisce chiunque abbandoni una persona minore di quattordici anni ovvero una persona incapace di provvedere a se stessa (per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa), della quale abbia la custodia o debba avere cura.Si tratta di un delitto pacificamente considerato come proprio, potendo essere configurato solo nei confronti di quei soggetti che rivestono una determinata posizione di garanzia nei confronti del soggetto passivo.

Il bene giuridico tutelato è costituito dalla vita o dalla incolumità personale del soggetto passivo: la condotta punita può quindi consistere in qualsiasi azione od omissione che contrasti con il dovere giuridico di cura o di custodia gravante sul soggetto giuridico che possa provocare uno stato di pericolo, anche solo potenziale, per l’incolumità del minore o dell’incapace (Sez. I., sent. n. 5945 del 15/01/2009). Per quanto attiene all’elemento soggettivo, la norma richiede la sussistenza di un dolo generico, consistente nella consapevolezza e nella volontà di abbandonare a se stesso il soggetto passivo, incapace di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua incolumità, di cui l’agente ha concreta percezione (sez. II, n. 10994 del 06/12/2012).

L’obbligo di cura o di custodia può derivare da qualunque fonte (legge, contratto o precedente attività svolta). Al fine di individuare la sussistenza della posizione di garanzia, nonché lo specifico contenuto dell’obbligo, occorre valutare le finalità protettive che fondano la posizione stessa e la natura dei beni di cui è titolare il soggetto garantito (Sez. 4, n. 9855 del 27/01/2015).

In relazione alla specifica figura dell’amministratore di sostegno, la Corte di cassazione civile (ex multis , Sez. I, n. 9628 del 22/04/2009) e la Corte costituzionale (sent. n. 440/2005) hanno chiarito la funzione e l’ambito di applicazione dell’istituto, introdotto con la l. 9 gennaio 2004 n. 6. Come si evince dall’impianto normativo civilistico (artt. 404 e ss. c.c.) l’istituto in questione consente di fornire a chi sia nell’impossibilità, anche solo temporanea, di provvedere autonomamente ai propri interessi uno strumento meno invasivo di assistenza rispetto ai tradizionali istituti dell’inabilitazione e dell’interdizione. Infatti, l’amministrazione di sostegno è in grado di meglio adattarsi alle esigenze del caso concreto, da un lato, garantendo la tutela più adeguata e, dall’altro, limitando nel minor modo possibile la capacità di agire del soggetto. Per assicurare tale funzione, l’amministratore di sostegno ha un dovere di relazione periodica, stabilito dal giudice, sulle attività svolte e sulle condizioni del beneficiario.

Tuttavia, va osservato che, in mancanza di apposite previsioni indicate nel decreto di nomina, che riflettono la particolare duttilità cui si presta l’istituto, il compito dell’amministratore di sostegno consiste fondamentalmente nell’assistere la persona nella gestione dei propri interessi patrimoniali. Ciò si evince dal fatto che nella funzione attribuita all’amministratore di sostegno non rientra quella specifica del tutore al quale, ai sensi dell’art. 357 c.c., è affidata espressamente la cura della persona. Infatti, l’art. 411 c.c., nel prevedere le norme applicabili all’istituto in questione, non richiama la previsione relativa alla figura del tutore di cui al citato art. 357 c.c.

Ne consegue che, salvo appunto particolari ed eventuali diverse indicazioni presenti nel decreto di nomina, le quali attribuiscano all’amministratore un precipuo compito di cura della persona del soggetto minore o incapace, non può configurarsi in capo a quest’ultimo alcuna posizione di garanzia rispetto ai beni della vita e dell’incolumità individuale del soggetto passivo.

Nel caso di specie, un amministratore di sostegno è stato accusato del reato di cui all’art. 591 c.p. per non aver assicurato alla signora anziana amministrata un’adeguata assistenza, abbandonandola per un fine settimana, non tenendo conto dell’impossibilità del figlio di accudirla in tale parentesi temporale e dell’insufficienza a garantirne la cura necessaria da parte della badante che lavorava ad orario parziale. La donna anziana veniva quindi soccorsa dai vigili del fuoco e dal personale del 118, in stato di totale disorientamento e disidratazione. L’imputato veniva comunque assolto, a seguito di rito abbreviato, dal GUP, il quale riteneva il fatto non costituente reato, per la mancanza dell’elemento soggettivo, essendo la sua condotta riconducibile esclusivamente ad un difetto di diligenza e prudenza.

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione rilevando l’erroneità della formula assolutoria, per l’assenza dell’elemento oggettivo del reato, poiché nessuna situazione di pericolo concreta si era verificata nei confronti della persona offesa.

La Cassazione non ha affrontato questo aspetto in particolare, ma ha posto l’attenzione sull’antecedente logico, non rilevato dalle parti, relativo alla sussistenza di una posizione di garanzia in capo all’amministratore di sostegno. Sotto questo profilo, la Corte ha negato la configurabilità di una tale posizione nel caso in questione, in quanto “la contestazione fonda l’obbligo dell’imputato sul dato formale della nomina quale amministratore di sostegno”, in mancanza di qualsiasi richiamo al decreto del giudice tutelare, e tenuto conto del fatto che la persona offesa era materialmente assistita dal figlio e da una badante. Per tali motivi la Suprema Corte ha annullato la sentenza del GUP senza rinvio, assolvendo l’amministratore perché il fatto non sussiste.

Dalle conclusioni effettuate dalla Corte di cassazione emerge come ben possa configurarsi in capo all’amministratore di sostegno una posizione di garanzia: questa, peraltro, dovrà essere individuata all’interno delle specifiche previsioni contenute nel decreto di nomina, qualora facciano precipuo riferimento alla cura della persona. Nel caso in cui, invece, non vi sia tale riferimento, non si potrà ritenere l’amministratore investito di una posizione di garanzia rispetto ai beni della vita e dell’incolumità personale dell’incapace, ma solo di un compito di assistenza nella gestione di interessi patrimoniali.