Riflessioni politico-criminali sulla proposta di legge introduttiva del ‘reato di omicidio stradale’
L’Autrice, con il presente contributo, propone delle riflessioni in merito alla recente proposta di legge in tema di omicidio e lesioni personali stradali (“Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274”, approvata, in un testo unificato dal Senato della Repubblica il 10 giugno 2015, trasmessa il 12 giugno alla Camera dei Deputati).
Si tratta di un articolato che affronta – in modo non del tutto soddisfacente, per le ragioni che analizzeremo da qui ad un momento – il grave problema dei tragici episodi connessi agli incidenti stradali. Anche ad una lettura poco approfondita dei sette articoli che compongono il disegno di legge (l’ottavo è dedicato all’entrata in vigore del provvedimento) risalta un apparato sanzionatorio di estremo rigore e, in quanto tale, debitore alla pena limitativa della libertà della persona la soluzione di una questione che, più credibilmente, accanto alla previsione di sanzioni restrittive, riteniamo dovesse contemplare altri supporti.
Un tale provvedimento ‘era nell’aria’ perché da tempo gli organi di informazione si erano arrogati l’onere di sollevare il problema ampliandolo, forse, al di là dell’effettiva realtà. Del resto, non diversamente, da come è accaduto in altri settori – si pensi alla criminalità cd. ‘da strada’ oppure alla vicenda degli immigrati – anche per i dolorosi fatti legati alla circolazione stradale, la risposta statuale può essere collocata all’interno della recente legislazione penale di tipo emergenziale.
Invero, prima il fenomeno delle cd. ‘stragi del sabato sera’, poi alcuni investimenti di pedoni, hanno ricevuto, dal circuito massmediale un supporto senza precedenti, che attraverso una lunga serie di allarmistici servizi speciali, ha finito per ampliare oltre misura, l’ansia collettiva e, conseguentemente, la richiesta di drastiche soluzioni. In altri termini, alcuni comportamenti criminosi – certamente meritevoli della sanzione penale – hanno ottenuto dagli organi di stampa una vasta eco che andava ben oltre l’oggettiva portata del fatto delittuoso commesso.
Non possono, quindi, meravigliare più di tanto né le scontate risposte del legislatore, né, tanto meno, l’atteggiamento di figure istituzionali finalizzato ad accaparrarsi le simpatie della collettività, dopo l’emanazione di norme che proprio alla dura repressione affidano la peculiare funzione di calmare le paure diffuse. Sotto questo profilo, dunque, il regime sanzionatorio a supporto delle nuove figure criminose appare inficiato da compiti che esulano da una razionale politica criminale. Tutto ciò si muove in armonia con quella legislazione post-moderna che rifugge principi e sistematica; ed infatti, com’è stato incisivamente sostenuto l’obiettivo di fondo della legislazione simbolica è proprio quello di attirare il consenso dei cittadini verso lo Stato, avvalorando fra gli stessi l’illusione di sicurezza, capacità ed efficienza.
Anche l’ambito dei sinistri stradali è divenuto destinatario di quegli stessi archetipi e slogan adoperati in maniera assillante negli ultimi venti anni nei settori più diversi e che hanno finito per qualificare tutti i cd. ‘pacchetti sicurezza’: paradigmatico di un tale stato di cose è l’uso della formula ‘tolleranza zero’, assurta – ad opera degli organi di informazione – ad una sorta di formula magica in grado di anestetizzare ogni timore e, sapientemente, usata dal legislatore contro tutto ciò che pone in discussione quell’impostazione, tanto discutibile quanto pericolosa, di law and order.
Inasprimenti sanzionatori e, conseguenti prese di posizione, risultano tanto più ingiustificati perché non tengono nella dovuta considerazione il dato empirico-fenomenologico; anzi, a ben vedere, vanno controtendenza rispetto all’andamento dei sinistri, anche mortali, degli ultimi anni.