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Affaire Contrada: la Grande Camera respinge il ricorso del Governo e la sentenza diventa definitiva

Un ulteriore tassello chiude definitivamente il caso Contrada: lo scorso 14 settembre è divenuta infatti definitiva la tanto discussa sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 14 aprile 2015 pronunciata nel procedimento Contrada (n. 3), con cui i giudici di Strasburgo avevano condannato l’Italia a risarcire il danno, pari a 10.000,00, al ricorrente per aver averlo condannato e, dunque, sottoposto alla pena detentiva, per il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, fattispecie incriminatrice, il cui consolidamento applicativo di matrice giurisprudenziale si sarebbe perfezionato – secondo la Corte europea – solamente in un’epoca successiva ai fatti commessi dal Contrada e, pertanto, per il ricorrente la sua incriminazione risultava assolutamente imprevedibile ed inaccessibile, in conformità all’art. 7 della CEDU e al principio di legalità in esso contenuto.

Lo scorso 14 settembre, la Grande Camera ha respinto il ricorso del Governo, in quanto non ha ritenuto necessario rinviare il caso per la discussione in seno alla Grande Camera e, pertanto, la sentenza è oramai definitiva.

Le questioni rimaste aperte potrebbero essere rappresentate, non tanto dal caso Contrada, conclusosi positivamente per lo stesso, atteso il cospicuo risarcimento del danno ricevuto, bensì dai casi di tutti coloro i quali, in ragione del dispositivo della sentenza Contrada, potrebbero ad oggi adire la Corte europea, lamentando la medesima violazione dei propri diritti umani, essendo stati condannati per concorso esterno in associazione di stampo mafioso per fatti commessi nello stesso periodo del Contrada: in tali casi, quindi, l’interrogativo consiste nel chiedersi come si comporterà la Corte di fronte ad ulteriori ricorsi simili, se riconoscerà una forma di tutela anche a coloro che, la dottrina già definisce, come i fratelli di Contrada , oppure si limiterà a ricondurre tale sentenza quale esclusivo rimedio per il singolo caso concreto.

L’interrogativo potrebbe ulteriormente complicarsi per le ipotesi in cui i c.d. fratelli di Contrada(1) stiano scontando una pena detentiva: quid iuris nei confronti del giudicato penale di condanna?

La risposte non tarderanno sicuramente ad arrivare.


(1) Cfr. GIUFFRIDA, GRASSO, L’incidenza sul giudicato interno delle sentenze della Corte europea che accertano violazioni attinenti al diritto penale sostanziale. Rielaborazione della relazione svolta all’incontro tenuto presso la Corte di Cassazione il 29 ottobre 2014, dal titolo “Le questioni ancora aperte nei rapporti tra le Corti supreme nazionali e le Corti di Strasburgo e di Lussemburgo”, in www.penalecontemporaneo.it, il 25 maggio 2015.