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Diritto penale militare: permane il delitto di ingiuria a inferiore

in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 9 – ISSN 2499-846X

Cassazione Penale, Sezione I, 7 aprile 2017 (ud. 10 gennaio 2017), n. 17830
Presidente Vecchio, Relatore Boni

La Corte di Cassazione, in tema di reati militari, ha affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per sospetta violazione dell’art. 3, comma 1, Cost, dell’art. 196, comma. 2, c.p.m.p., in ragione della intervenuta depenalizzazione dell’art. 594 c.p., in quanto il mantenimento dell’incriminazione del delitto di ingiuria ad un inferiore risponde ad esigenze di salvaguardia dell’ordine e della disciplina militare, riconosciute dall’art. 52, comma 3 Cost.

Con sentenza dell’11 maggio 2016 la Corte militare di Appello confermava la sentenza emessa dal Tribunale militare di Verona in data 10 novembre 2015 che aveva condannato l’imputato, ritenuto responsabile del delitto di ingiuria continuata ad inferiore aggravata, perché con la propria condotta offendeva il prestigio e la dignità di due inferiori gerarchici.

Il ricorso per Cassazione dell’imputato, proposto a mezzo del proprio difensore, lamentava, tra l’altro, l’incostituzionalità dell’art. 196, comma 2, c.p.m.p., stante la recente abrogazione del delitto di ingiuria ad opera del D.Lgs n. 7 del 2015.

Ad avviso della difesa, la depenalizzazione dell’art. 594 c.p. avrebbe dovuto necessariamente estendersi anche al reato militare, costituendo una palese violazione del principio di uguaglianza, il mantenimento, nell’impianto codicistico militare, di una condotta ormai scriminata.

La Corte ha ritenuto il motivo di doglianza dell’imputato inammissibile sotto un duplice profilo. Innanzitutto in quanto si lamentava solo genericamente l’asserita violazione di una norma costituzionale, senza, peraltro, indicare specificamente il dettato normativo da prendere come parametro di riferimento per evidenziare il presunto contrasto con la Carta costituzionale, sia per la manifesta infondatezza dello stesso.

La norma che prevede e punisce l’ingiuria nei confronti di un inferiore gerarchico tutela non solamente la dignità di quest’ultimo, il rispetto che gli è dovuto e la sua onorabilità, bensì anche la corretta esplicazione del rapporto gerarchico. Nel caso di specie, entrambi i beni giuridici risultano lesi.

Rispetto al corrispondente reato comune di ingiuria (depenalizzato a seguito dell’approvazione del D. Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 recante “Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili” e con il D.Lgs 15 gennaio 2016, n. 8 recante “Disposizioni in materia di depenalizzazione”, pubblicati in Gazzetta Ufficiale n. 7 del 22 gennaio 2016, in attuazione della legge 28 aprile 2014, n. 67), la fattispecie di cui all’art. 196, comma 2, c.p.m.p., quantunque abbia la medesima struttura del delitto di cui all’art. 594 c.p. , contiene un elemento specializzante.

Detto elemento risiede nella specifica disposizione del c.p.m.p. che fa sì che l’ingiuria, nel caso in cui sia rivolta da un appartenente alle Forze Armate ad un altro militare, assuma in tutto e per tutto la qualifica di reato militare e, in quanto tale, di reato proprio.

La Corte, in questo nulla mutando rispetto a recenti sentenze in tema di ingiuria militare, ha ancora una volta ribadito il carattere plurioffensivo del delitto in oggetto, stante il fatto che la fattispecie è volta ad operare una doppia tutela: quella del patrimonio morale della persona e quella del bene indisponibile della disciplina militare.

Altro elemento specializzante della fattispecie di cui all’art. 196, comma 2, c.p.m.p., è dato dalla qualità personale dell’offeso, che deve rivestire un grado inferiore rispetto all’autore della condotta ingiuriosa, di fatto collocato in posizione di supremazia nell’organizzazione gerarchica dell’ente di appartenenza; il tutto fa sì che sia esigibile un più rigoroso rispetto della dignità di ciascun appartenente alle Forze Armate, stante la pluralità di beni giuridici tutelati.

La sentenza in commento, come più sopra anticipato, si colloca nel solco di un orientamento granitico della Suprema Corte in tema di ingiuria militare. Risale al 2016, infatti, una pronuncia con la quale la Cassazione Penale – Sezione I, 12 settembre, n. 37803 – aveva sancito che, in tema di ingiuria ad un inferiore, la posizione di supremazia gerarchica dell’autore rispetto alla persona offesa non consente di considerare prive di contenuto lesivo espressioni volgari, pure ormai prive di connotazioni offensive nel linguaggio comune e tra pari, in quanto le stesse riacquistano il loro specifico significato spregiativo se rivolte al sottoposto in violazione delle regole di disciplina e dei principi che devono ispirarle in forza dell’art. 52, comma 3, Cost.

Come citare il contributo in una bibliografia:
E. Tomasinelli, Diritto penale militare: permane il delitto di ingiuria a inferiore, in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 9