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Una nuova puntata per le prescrizioni di “vivere onestamente” e “rispettare le leggi”: la Cassazione solleva questione di legittimità costituzionale

Cassazione Penale, Sez. II, Ordinanza, 25 ottobre 2017, n. 49194
Presidente De Crescenzio, Relatore Recchione

Si segnala la pronuncia con cui la Corte di Cassazione, d’ufficio, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 75 comma 2 D. Lgs. n. 159/2011 nella parte in cui sanziona la condotta di chi violi le prescrizioni di “vivere onestamente” e “rispettare le leggi” imposte con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

Sul punto, come è noto, la sentenza De Tommaso c. Italia della Grande Camera della Corte EDU ha ritenuto sussistente la violazione dell’art. 2, Protocollo 4 alla CEDU (libertà di circolazione) per il deficit di precisione e di prevedibilità delle condotte idonee a essere prese in considerazione per la valutazione della pericolosità sociale di un individuo, così imponendo ai giudici nazionali la necessità di vagliare la coerenza della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con i principi di precisione, determinatezza e tassatività delle norme penali.

Facendo seguito alla pronuncia dei giudici di Strasburgo, la questione era stata assegnata alle Sezioni Unite che, con sentenza n. 40076 (caso Paternò), hanno offerto un’interpretazione adeguatrice della sentenza della Corte EDU che si risolve, di fatto, in una abrogazione giurisprudenziale del reato, avendo le Sezioni Unite escluso che la violazione delle prescrizioni “di vivere onestamente” e “di rispettare le leggi” possa configurare il reato di cui all’art. 75, comma 2, D. Lgs. n. 159/2011, in quanto si tratta di prescrizioni generiche e indeterminate (si rinvia, per un approfondimento, all’articolo di D. Pulitanò, Misure di prevenzione e modelli sanzionatori, in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 10).

«Dal serrato confronto tra le Alte corti – afferma ora la Corte di Cassazione – emerge la rilevazione di un serio difetto di tassatività degli obblighi di “rispettare le leggi e vivere onestamente”, che si riverbera sulla prevedibilità della legge ed un esplicito superamento delle conclusioni cui era giunta la Corte costituzionale con la sentenza n. 282 del 2010».

«La abrogazione interpretativa effettuata dalle Sezioni unite – si legge nell’ordinanza – altro non è che la validazione di un evento abolitivo che trova la sua matrice nel diritto convenzionale e, segnatamente, nella sentenza di Grande camera De Tommaso v. Italia. Se si individua la fonte della abolitio nella Convenzione Edu nella dimensione interpretativa offerta dalla Corte di Strasburgo, non resta al giudice comune che percorrere il percorso metodologico tracciato dalla Corte costituzionale per risolvere i difetti di compatibilità tra il diritto interno e quello europeo di matrice convenzionale».

Per questo motivo, ritenuto che la sentenza della Corte Edu pronunciata nel caso De Tommaso v. Italia rappresenta diritto “consolidato”, la Corte di Cassazione ha sollevato la seguente questione di legittimità costituzionale: «se l’art. 75 comma 2 del D.lgs n. 159 del 2011, nella parte in cui sanziona penalmente l’obbligo di “vivere onestamente e di rispettare le leggi, sia compatibile con gli artt. 25 e 117 della Carta fondamentale, letto questo secondo articolo in relazione all’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali ed all’art. 2 del Protocollo n. 4 della stessa Convenzione, interpretati alla luce della ratio decidendi espressa dalla sentenza della Corte Edu, Grande camera, De Tommaso c. Italia del 23 febbraio 2017».

Redazione Giurisprudenza Penale

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