ARTICOLITesi di laurea

Il reato societario come operazione o causazione dolosa del fallimento. Aporie sistematiche nella repressione della bancarotta (Tesi di laurea)

Prof. relatore: Carlo Benussi

Prof. correlatore: Pietro Chiaraviglio

Ateneo: Università degli Studi di Milano

Anno accademico: 2016/2017

La riforma della disciplina penale delle società commerciali (D. lgs. 11 aprile 2002, n. 61), com’è noto, ha profondamente modificato la c.d. “bancarotta da reato societario” (art. 223 cpv., n. 1, l. fall.), adeguando definitivamente tale fattispecie ai principi costituzionali di offensività, colpevolezza e proporzionalità della pena.

L’innovazione, tuttavia, calata in un quadro normativo rimasto inalterato per oltre mezzo secolo, si è rivelata particolarmente riottosa ad un armonico inserimento nel sistema e ancora oggi fatica a ritagliarsi un proprio ruolo punitivo.

L’attuale n. 1 dell’art. 223 cpv., l. fall., infatti, sembrerebbe battere un campo di tutela già tutto considerato dall’altra fattispecie “addizionale” di bancarotta fraudolenta societaria: quella delineata, cioè, dal n. 2 dello stesso articolo e che, atteggiandosi a “norma di chiusura” del comparto, sottopone ad identico trattamento sanzionatorio gli organi gestori e di controllo interno che abbiano causato il fallimento della società «con dolo o per effetto di operazioni dolose».

L’indagine condotta nel presente elaborato muove dalla necessità di individuare spazi di autonomia applicativa della disposizione riformata. La dottrina, dal canto suo, si è sforzata di giustificare in via interpretativa la coesistenza delle due ipotesi di bancarotta in parola, ma le risultanze di questi tentativi, come si avrà modo di dimostrare, sono tutte aporetiche e contraddittorie.

In via preliminare, la trattazione si soffermerà sulle singole disposizioni oggetto di raffronto, dedicando particolare attenzione alle “operazioni dolose”: figura enigmatica e sempre più contestata nei procedimenti penali collegati ai defaults societari. Particolarmente interessante, a questo proposito, sarà l’analisi dell’inedita sentenza del Tribunale di Parma relativa al Crac Parmalat, ove molteplici operazioni finanziarie, tanto complesse quanto eterogenee, furono incriminate proprio ai sensi dell’art. 223 cpv., n. 2, l. fall.

La disamina dei predetti argomenti, naturalmente, non potrà prescindere da un preventivo inquadramento generale del delitto di bancarotta fraudolenta impropria. Nel primo capitolo, pertanto, si discorrerà dei soggetti attivi e delle loro “posizioni di garanzia”, dell’oggettività giuridica e del contenuto offensivo del reato, del ruolo della sentenza di fallimento nell’economia complessiva della fattispecie e, infine, delle regole che presiedono al trattamento sanzionatorio.