CONTRIBUTIDIRITTO PENALEParte speciale

Il rapporto tra l’omicidio preterintenzionale e l’attività medico-chirurgica

in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 12 – ISSN 2499-846X

L’omicidio preterintenzionale rappresenta una particolare fattispecie delittuosa disciplinata all’art. 584 c.p., che incrimina il fatto di “chiunque con atti diretti a commettere i delitti preveduti agli articoli 581 e 582 c.p., cagiona la morte di un uomo”. Ai fini della configurazione di tale delitto, da un punto di vista psicologico, è necessario che la condotta posta in essere dal soggetto agente sia assistita dal dolo della lesione personale o delle percosse.

In via generale, risulta difficile immaginare che la condotta di un medico integri il delitto di cui all’art. 584 c.p., dal momento che – tranne per casi eccezionali – essa è finalizzata al benessere del paziente e non alla lesione della sua incolumità individuale psico-fisica. Eppure per un lungo periodo, fino ai primi anni duemila, la condotta del medico consistente nell’esecuzione di un trattamento chirurgico è stata ritenuta integrativa del reato di lesione personale ove, a prescindere dall’esito fausto o infausto, fosse mancato a monte il consenso del paziente a quel tipo di intervento specifico.  Una tale interpretazione poneva le proprie basi sul presupposto che la condotta consistente in un’attività chirurgica fosse automaticamente antigiuridica e che unicamente attraverso il consenso informato o la sussistenza dello stato di necessità essa potesse essere ricondotta alla legittimità, risultando dunque meramente irrilevanti sia gli aspetti psichici che la finalità curativa della condotta dell’esercente sanitario. In base a tale interpretazione, per lungo tempo condivisa dalla giurisprudenza risalente, la conseguenza giuridica da un punto di vista logico-formalistico era che, attraverso l’inquadramento della condotta del medico-chirurgo nell’ambito del delitto di lesioni, ove dall’intervento ne fosse derivata la morte certamente non voluta del paziente, ad egli potesse essere attribuita la responsabilità penale per omicidio preterintenzionale.

D’altro canto, risulta necessario considerare un’ulteriore e differente ipotesi in cui l’attività sanitaria consista in interventi consapevolmente demolitivi e non necessari, ovvero compiuti per meri fini di ricerca scientifica, di affermazione personale o di lucro, in cui risulta evidente la mancanza di finalità curativa, caratterizzante generalmente l’attività medica. In tali casi, oggetto di pronunce più recenti, appare più opportuna la parificazione della condotta del chirurgo al reato di lesione personale.

In particolare, si deve sottolineare che storicamente la fattispecie di omicidio preterintenzionale sia stata applicata all’attività medica in quelle particolari ipotesi in cui l’intervento chirurgico era stato svolto in assenza del consenso informato del paziente. Il vuoto normativo di una disciplina ad hoc, che abbia ad oggetto il trattamento sanitario arbitrario, ha dato modo a che dagli ampi dibattiti in dottrina derivassero altresì pronunce giurisprudenziali contrastanti, talvolta non facilmente condivisibili.

Come citare il contributo in una bibliografia:
L. Cerino, Il rapporto tra l’omicidio preterintenzionale e l’attività medico-chirurgica, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 12