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L’OCSE pubblica il Phase 4 Report sulla applicazione da parte dell’Italia della Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri: luci e ombre del contrasto alla corruzione internazionale nel nostro paese.

[a cura di Lorenzo Roccatagliata]

Il 18 ottobre 2022 l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato il Phase 4 Report – Italy, che valuta il grado di applicazione da parte del nostro paese della La Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni commerciali internazionali, firmata a Parigi nel 1997.

Come è noto, questa Convenzione è stata ratificata anche dall’Italia, che ha conseguentemente introdotto nel proprio ordinamento il reato di corruzione di pubblici ufficiali stranieri (art. 322 bis, comma 2, n. 1, c.p.).

Come previsto dalla stessa Convenzione, il Working Group on Bribery dell’OCSE vigila sulla conformità dell’ordinamento degli stati al testo convenzionale e sul loro effettivo contrasto al fenomeno della corruzione internazionale. Le conclusioni di questa attività di vigilanza, che avviene per fasi, sono raccolte nei Phase Report (per i report precedenti, clicca qui).

Il Phase 4 Report rileva che, rispetto alla valutazione precedente (Phase 3 Report), l’Italia ha rafforzato in modo significativo il proprio sistema normativo per la lotta alla corruzione internazionale. I miglioramenti legislativi includono l’allungamento dei termini di prescrizione del reato, l’aumento delle pene detentive e delle sanzioni interdittive e l’introduzione di un sistema di tutela per i whistleblower.

Nonostante le difficoltà nell’accertamento del fatto, le autorità italiane continuano a indagare e a perseguire la corruzione straniera: il paese mostra un livello significativo di applicazione della legge con un ritmo crescente dal 2011, anche attraverso la creazione di dipartimenti specializzati all’interno degli uffici di Procura.

Un’altra nota positiva è che sono stati impegnati ingenti investimenti per la digitalizzazione e la modernizzazione del sistema giudiziario, che potrebbero consentire all’Italia di ridurre i ritardi endemici del sistema giudiziario.

L’Italia ha compiuto sforzi considerevoli per rafforzare il proprio quadro giuridico e politico per la cooperazione internazionale e l’estradizione. Ha aumentato le verifiche fiscali e la cooperazione tra le autorità fiscali e le autorità italiane preposte all’applicazione della legge.

Al tempo stesso, il Working Group esprime preoccupazione per il fatto che i casi di corruzione internazionale trattati in Italia hanno dato luogo a un elevato numero di “dismissals (archiviazioni o proscioglimenti).

Infatti, quasi tutte le sanzioni penali per corruzione internazionale sono applicate attraverso il patteggiamento. Nei casi trattati con il rito ordinario, invece, dopo una condanna nel 2013, gli ultimi sette processi hanno prodotto quasi solo proscioglimenti.

Ad avviso del Working Group, i proscioglimenti avvengono essenzialmente per due ragioni: [i.] la legge italiana richiede una prova solida dell’accordo corruttivo e della contrarietà dell’atto ai sensi della legge straniera; [ii.] l’autorità giudiziaria italiana non adotta un approccio olistico al caso concreto: le prove indiziarie spesso non sono considerate nel loro complesso.

Altri ostacoli ad una efficace attuazione della Convenzione risiederebbero [i.] nella cd. difesa di concussione da parte del privato accusato di corruzione, pur sempre possibile anche dopo l’introduzione del reato di induzione indebita, [ii.] nella previsione della causa di non punibilità per la effettiva collaborazione con le autorità, prevista dall’art. 323 ter c.p.

Le ulteriori preoccupazioni e raccomandazioni del Working Group possono essere sintetizzate come segue.

  • In tema di responsabilità degli enti, le sanzioni pecuniarie sono così basse da essere inadeguate. I termini di prescrizione sono molto più brevi per le aziende che per le persone fisiche.
  • Benché l’Italia abbia introdotto un sistema di tutela del whistleblowing, la protezione non è ancora completa sia nel settore pubblico che in quello privato.
  • L’applicazione della confisca del profitto del reato è aumentata rispetto alla Phase 3, ma ancora non è imposta sistematicamente e non sempre restituisce completamente i proventi del reato.
  • Il grado di applicazione delle sanzioni interdittive non è sufficiente.
  • L’Italia deve migliorare nella individuazione delle notizie di reato di corruzione internazionale, così come nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul fenomeno, con specifico riguardo alle categorie dei pubblici ufficiali e degli imprenditori, anche nell’ottica di promuovere l’adozione e l’applicazione di programmi di compliance anti corruzione internazionale.

L’Italia è chiamata a riferire all’OCSE sull’attuazione di tutte le raccomandazioni contenute nel Phase 4 Report entro il mese di ottobre 2024.

Per accedere al comunicato stampa ufficiale clicca qui.

Per scaricare il Phase 4 Report clicca qui.

Redazione Giurisprudenza Penale

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