Sull’iscrizione nel registro degli indagati degli agenti di polizia per fatti commessi nell’esercizio delle funzioni: le dichiarazioni del Ministro Nordio
Segnaliamo ai lettori le dichiarazioni rese dal Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in sede di question time sulle “iniziative volte all’introduzione di ulteriori tutele procedimentali per gli agenti coinvolti in procedimenti penali per fatti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni“.
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“Grazie, Presidente. Grazie, collega. Si tratta di un problema anche più complesso di quello come viene rappresentato. Approfitterò del fatto che, sapendo che anche la seconda, il secondo question time riguarda più o meno lo stesso argomento magari quello che non riuscirò a dire in questi 3 minuti lo integrerò dopo. È l’informazione di garanzia è un istituto che risale a 50 anni fa, è stato modificato varie volte nel nome ed è sempre stato un fallimento.
È nato come avviso di garanzia, poi è diventato avviso di reità, poi informazioni di reità, poi avviso, poi informazione di garanzia.
Come ha detto un mio illustre predecessore, il professor Flick, da “informazione di garanzia” si è trasformata in “garanzia di informazione” nel senso che chi è raggiunto da questa famigerata cartolina verde sa benissimo che il giorno dopo finirà sui giornali. Quindi l’effetto paradossale – che non è soltanto limitato alle forze dell’ordine, è limitato a tutti i cittadini – è il seguente: un istituto che dovrebbe essere, che è nato per garantire chi ne viene informato (nel senso che sai che devi o puoi apprestare le tue difese perché sei sotto indagine), si è trasformato in una condanna anticipata che, addirittura, nell’ambito politico ha portato, come penso tutti voi sappiate, addirittura a qualche dimissione; addirittura, qualche estromissione dalle candidature con un effetto perverso.
Rispondo allora alla parte finale della domanda salvo poi integrare nei confronti delle forze dell’ordine.
Il problema ovviamente è aggravato proprio perché si tratta di persone che fanno un uso legittimo delle armi, che è considerata una cosiddetta scriminante. E che però subiscono questo calvario. Ma le forze dell’ordine non sono le uniche a subire questa conseguenza negativa. Lo sono anche i medici, per esempio, che nell’esercizio del loro dovere vengono se accade qualcosa di diciamo così anomalo. Sottoposti a questo calvario con la iscrizione nel registro degli indagati affinché possano predisporre le proprie difese.
Per esempio, nel caso della della appartenente alle forze dell’ordine, partecipare alle indagini balistiche attraverso una consulenza, per esempio; per un medico, partecipare alle indagini autoptiche attraverso un altro consulente. Questo però presuppone e postula l’iscrizione nel registro degli indagati, con la conseguente emissione dell’informazione di garanzia.
Come si può intervenire? Come abbiamo intenzione di intervenire?
Noi pensiamo che quando si è in presenza di una causa di giustificazione, cioè di una cosiddetta scriminante – che sia l’esercizio di un diritto, l’adempimento di un dovere, lo stato di necessità, l’uso legittimo delle armi e ovviamente la legittima difesa – si possa si possa costruire una norma che consenta alla persona interessata di partecipare a questo tipo di indagine, senza per ciò stesso essere iscritta nel registro degli indagati; quindi garantendo la difesa che oggi è garantita, ma senza dare questo marchio di infamia che, come ho detto prima, comporta una serie di conseguenze negative“.
Grazie Presidente, Grazie, collega. Sì, come ho detto prima, siamo di fronte a un’anomalia di questo istituto che, nato a garanzia di chi è sottoposto, può essere sottoposto a un’indagine, si è trasformato in una sorta di condanna anticipata.
Rispondo subito, questa volta in modo netto, dicendo che noi siamo al lavoro molto avanzato proprio per risolvere questa anomalia: si tratta, peraltro, di un lavoro che, a mio avviso, si dovrebbe inserire in un lavoro più vasto che riguarda tutta la disciplina delle cosiddette scriminanti.
Nella situazione attuale, con il nostro codice penale, il carabiniere che agisca usando legittimamente le armi, sapete come lo esprime lo definisce il codice? “Non è punibile chi”: il che significa che secondo il nostro codice che è firmato da Benito Mussolini – e ci tengo a dirlo è un codice di Mussolini – e di Vittorio Emanuele terzo. Lo Stato dice tu carabiniere hai commesso un reato, ma io sono buono e non ti punisco. Questa è la scriminante, questo va cambiato. Quindi noi dobbiamo intervenire per cambiare nel codice penale tutta la struttura delle scriminanti, che devono essere considerate come elementi che eliminano la struttura dello stesso reato.
Quindi, nella legittima difesa, nell’uso legittimo delle armi, nello stato di necessità, basta con questa storia che non sei punibile, cioè che hai fatto qualcosa di cattivo, ma lo Stato è buono e ti perdona. Bisogna eliminare la illiceità della struttura dello stesso reato. Questo è un vasto programma che riguarda il Codice penale.
Parallelamente, nel codice di procedura penale, ho già detto prima, avete perfettamente ragione: questo istituto dell’informazione di garanzia (“atto dovuto” conseguente l’iscrizione nel registro degli indagati) va cambiato. va mutato. La nostra intenzione è quella di intervenire nel senso che, qualora si profili uno stato di necessità o un uso legittimo delle armi – cioè di scriminanti come ho detto prima – non sia necessario, anzi non si debba iscrivere la persona nel registro degli indagati.
Non si tratta assolutamente di uno scudo penale, ci tengo a ribadirlo. Siamo perfettamente consapevoli che già 50 anni fa esisteva uno scudo procedurale – era la cosiddetta garanzia amministrativa che devolveva al Procuratore Generale la possibilità di mettere un veto all’azione penale nei confronti della appartenente alle forze dell’ordine – questo è stato eliminato dalla Corte costituzionale, lo sappiamo perfettamente, nessuno scudo penale, però una riforma radicale dell’iscrizione nel registro degli indagati.