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Prostituzione minorile e ignoranza inevitabile circa l’età della persona offesa: non è sufficiente far affidamento su rassicurazioni verbali (provenienti dal minore o da terzi)

Cassazione Penale, Sez. III, 16 settembre 2025 (ud. 25 giugno 2025), n. 30915
Presidente Aceto, Relatore Di Stasi

Segnaliamo ai lettori, in tema di prostituzione minorile, la sentenza con cui la terza sezione penale ha ribadito l’orientamento secondo cui “il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602-quater cod. pen., in relazione all’ignoranza inevitabile circa l’età della persona offesa, è configurabile solo se l’agente, pur avendo diligentemente proceduto ai dovuti accertamenti, sia stato indotto a ritenere, sulla base di elementi univoci, che il minorenne fosse maggiorenne; ne consegue che non sono sufficienti, al fine di ritenere fondata la causa di non punibilità, elementi quali la presenza nel soggetto di tratti fisici di sviluppo tipici di maggiorenni o rassicurazioni verbali circa l’età, provenienti dal minore o da terzi, nemmeno se contemporaneamente sussistenti“.

Si è osservato – continua la pronuncia – “che l’art. 602 quater cod. pen., introdotto dall’art. 4, comma 1, lettera p), della legge n. 172 del 2012, prevede che, quando i delitti contro la personalità individuale sono commessi in danno di un minore degli anni diciotto, il colpevole non può invocare a propria scusa l’ignoranza della persona offesa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile. Ne deriva che incombe sull’imputato l’onere di provare, non solo la non conoscenza dell’età della persona offesa, ma anche di avere fatto tutto il possibile per accertarsene, ponendo in essere comportamenti positivi ispirati ad un elevato standard di diligenza, direttamente proporzionale alla rilevanza costituzionale dell’interesse del minore ad avere un libero sviluppo psicofisico“.

Richiamandosi a tali principi, la Corte “ha evidenziato che l’imputato, pur avendo all’inizio dubitato della maggiore età della persona offesa, si era, poi, limitato a fare affidamento sulle mere rassicurazioni fornite dalla ragazza e dal fidanzato nonché su quanto appreso da un collega; i Giudici di appello hanno, quindi, rimarcato che l’imputato, non solo aveva omesso di procedere ai dovuti accertamenti, ma aveva fatto affidamento su elementi non univoci, così non conformando la propria condotta alla regola di diligenza che sarebbe stato tenuto ad osservare“.

Redazione Giurisprudenza Penale

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