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Depositata la sentenza della Corte costituzionale (n. 190/2025) sull’incompatibilità a decidere in sede di abbreviato del giudice che abbia in precedenza ammesso l’imputato alla messa alla prova

Corte costituzionale, 18 dicembre 2025, n. 190
Presidente Amoroso, Relatore San Giorgio

Era stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale nella parte in cui «non prevede la incompatibilità a decidere in sede di giudizio abbreviato del giudice che abbia in precedenza ammesso l’imputato alla messa alla prova, in tale sede esprimendosi espressamente in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti e riqualificando la ipotesi originariamente contestata in diverso titolo di reato».

Con la sentenza n. 190/2025, la Corte costituzionale ha dichiarato la questione non fondata.

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Pubblichiamo, di seguito, il testo del comunicato stampa:

IL GIP CHE DECIDE SULLA RICHIESTA DELL’IMPUTATO DI MESSA ALLA PROVA PREVIA RIQUALIFICAZIONE DEL FATTO CONTESTATO NON È INCOMPATIBILE, IN CASO DI RINUNCIA AL BENEFICIO, A PRONUNCIARSI SUL GIUDIZIO NELLE FORME DEL RITO ABBREVIATO
Con la sentenza numero 190, depositata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità a decidere in sede di giudizio abbreviato del giudice per le indagini preliminari che abbia, dopo la notificazione del decreto di giudizio immediato, in precedenza ammesso l’imputato alla messa alla prova, riqualificando la ipotesi di reato originariamente contestata.
Le questioni erano state sollevate dal GIP del Tribunale di Macerata in riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione.
Nel giudizio principale l’imputato, in seguito alla notificazione del decreto di giudizio immediato, aveva chiesto di essere ammesso al beneficio ex articolo 168-bis del codice penale previa riqualificazione della ipotesi di reato originariamente contestata, o, in subordine, di essere giudicato nelle forme del rito abbreviato.
Il GIP aveva accolto la richiesta principale e, riqualificata l’imputazione, aveva disposto la sospensione del procedimento con messa alla prova, per poi revocarla per il venir meno dell’interesse dello stesso imputato, il quale aveva, invece, insistito per la celebrazione del processo con rito abbreviato.
Lo stesso GIP, ritenendo che la diversa qualificazione del fatto da lui operata implicasse una valutazione di merito e si collocasse in una fase distinta e autonoma del processo, aveva formulato istanza di astensione in ordine al giudizio abbreviato, istanza rigettata dall’autorità giudiziaria competente: donde il promovimento delle questioni di legittimità costituzionale da parte del GIP.
La Corte costituzionale ha escluso che nel caso di specie sia ravvisabile una incompatibilità costituzionalmente rilevante, in quanto la statuizione sulla messa alla prova si colloca non già in una fase processuale precedente e distinta, ma nella medesima fase ‒ quella della definizione anticipata del giudizio immediato attraverso i riti alternativi al dibattimento ‒ in cui il rimettente è ora chiamato a provvedere nelle forme del rito abbreviato.
La Corte ha osservato che lo snodo processuale che si apre con l’innesto della richiesta di riti alternativi ‒ e, cioè, del giudizio abbreviato, del patteggiamento e della messa alla prova ‒ sul giudizio immediato introduce un’articolazione strutturalmente e funzionalmente unitaria.
Ciò è dimostrato dall’affinità teleologica tra i richiamati procedimenti speciali innestabili sul giudizio immediato, nonché dalla previsione, ad opera degli articoli 458, comma 2, e 458-bis, comma 1, del codice di procedura penale, di un’apposita udienza in cui tali forme di definizione alternativa possono essere sperimentate anche in via successiva, e dall’attribuzione al GIP di una specifica competenza funzionale in materia.
Nel momento processuale in questione – ha evidenziato la Corte – le valutazioni espresse in relazione alla domanda di un rito alternativo alla quale non segua la definizione del giudizio non possono essere considerate “fonte di pregiudizio” per la decisione, nel medesimo contesto, sulla richiesta di un altro procedimento speciale.
Ciò impedisce in radice di ravvisare una incompatibilità di rilievo costituzionale, a prescindere dalla portata della statuizione nella specie ritenuta pregiudicante, ossia la riqualificazione dell’imputazione operata ai fini della decisione sulla messa alla prova.
Roma, 18 dicembre 2025

Redazione Giurisprudenza Penale

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