ARTICOLIDIRITTO PENALE

Pubblicazione di un video offensivo su Tik Tok e definizione del concetto di “presenza” al fine di distinguere tra diffamazione e ingiuria (ora depenalizzata)

Cassazione Penale, Sez. V, 12 agosto 2025 (ud. 5 giugno 2025), n. 29458 
Presidente Pezzullo, Relatore Mele

Segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la quinta sezione penale della Corte di cassazione si è pronunciata sulla definizione del concetto di “presenza” della persona offesa al fine di distinguere tra diffamazione aggravata e ingiuria (ora depenalizzata) con riferimento alla pubblicazione di un video offensivo sulla piattaforma social TikTok.

I giudici di legittimità osservano come sia “dirimente, ai fini della sussistenza del reato in esame, delineare il concetto di “presenza“: se tradizionalmente esso implica necessariamente la presenza fisica (in unità di tempo e di luogo, di offeso e terze persone), i moderni sistemi tecnologici ne rendono necessaria una specificazione, consentendo questi di realizzare situazioni in cui si può ravvisare una presenza virtuale del destinatario delle affermazioni offensive, sostanzialmente equiparabili alla presenza fisica (call conference, audioconferenza o videoconferenza)“.

In generale, si è affermato che “si configura il delitto di diffamazione ove manchi la possibilità di interlocuzione diretta tra autore e destinatario dell’offesa, che resti deprivato della possibilità di replica, vale a dire quando tra l’offensore e l’offeso non sia possibile instaurare un rapporto diretto, reale o virtuale, che garantisca a quest’ultimo un contraddittorio immediato, con possibilità di replica“.

Questa Corte (sentenza Fedeli) – prosegue il collegio – “ha ritenuto che integra il delitto di diffamazione aggravato da mezzo di pubblicità diverso dalla stampa – e non la fattispecie depenalizzata di ingiuria aggravata dalla presenza di più persone – la dichiarazione offensiva resa nel corso di un’intervista televisiva, alla quale il destinatario, non presente, abbia replicato parzialmente inviando un “sms” al conduttore, in quanto, ai fini della configurabilità dell’ingiuria, è necessario che tra l’offensore e l’offeso si instauri un rapporto diretto, reale o virtuale, che garantisca a quest’ultimo un contraddittorio immediato, attuato con modalità tali da assicurare una sostanziale parità delle armi“.

In sostanza, “tale pronuncia ha evidenziato come le situazioni equiparate alla presenza fisica devono essere caratterizzate da un rapporto diretto tra offensore e offeso, il quale non sussiste nell’ipotesi di comunicazione attraverso il mezzo televisivo“.

Ritiene il Collegio – conclude la sentenza – “che la situazione che si verifica con riguardo alle frasi pronunciate in un video pubblicato sui social-media, nella specie “Tik Tok”, sia sotto più profili analoga a quella esaminata dalla sentenza Fedeli: invero, al momento della trasmissione del video in diretta, la circostanza che la persona offesa vi abbia assistito, non consente di affermarne la presenza nel senso sopra specificato, atteso che la pur prevista possibilità di inserire contestualmente dei commenti alle immagini e alle frasi pronunciate nel video, costituisce uno strumento di interlocuzione limitato che non mette in rapporto diretto e paritario offensore e offeso e perciò non garantisce un contraddittorio immediato, reale ed effettivo“.

Redazione Giurisprudenza Penale

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