ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALE

Il GIP, investito di richiesta di decreto penale di condanna, non può emettere sentenza ex art. 129 c.p.p. per particolare tenuità del fatto

Cassazione Penale, Sez. III, 19 novembre 2025, n. 37685
Presidente Ramacci, Relatore Battistini

Segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la terza sezione penale della Corte di cassazione ha affermato il principio secondo cui il GIP, investito di richiesta di emissione di decreto penale di condanna, non può emettere sentenza ex art. 129 c.p.p. per particolare tenuità del fatto.

Se, “in linea generale, la sentenza ex art. 129 c.p.p. può essere pronunciata, stante la portata generale e sistemica della stessa, anche per la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.” – si legge nella sentenza – “nel caso di richiesta di emissione di decreto penale di condanna, tale pronuncia è preclusa dalla mancata instaurazione del contraddittorio con l’imputato, la cui mancata osservanza integra una nullità di ordine generale a regime c.d. intermedio“.

Il giudice procedente, “ravvisando l’applicabilità della causa di non punibilità, avrebbe dovuto restituire gli atti al PM affinché lo stesso valutasse la possibilità di richiedere l’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto, in conformità a quanto statuito dalle Sezioni Unite“.

In tale pronuncia (20569/2018), “si è affermato che l’istituto di cui all’art. 131-bis c.p. pretende l’instaurazione del contraddittorio tra l’accusa, la difesa e, qualora esistente, la persona offesa, perché implicante l’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità, della riferibilità dello stesso all’imputato e l’assenza di effetti non integralmente liberatori per l’imputato“.

Nella presente vicenda – conclude la Corte – “la sentenza era stata impugnata dallo stesso imputato, il quale aveva dimostrato un effettivo interesse al contraddittorio, avendo rappresentato che la pronuncia impugnata – avendo effetto di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione di commissione dello stesso da parte dell’imputato – lo avrebbe esposto ad una potenziale richiesta di risarcimento danni da parte del Comune“.

Secondo la Cassazione, dunque, il ricorrente ha correttamente dimostrato l’interesse a difendersi nel merito al fine di dimostrare la possibile infondatezza dell’ipotesi accusatoria.

Redazione Giurisprudenza Penale

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