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Momento consumativo del delitto di omesso versamento di contributi previdenziali ed assistenziali e cessazione dalla carica di rappresentante legale al momento della notifica della diffida ad adempiere ex art. 2 c. 1-bis

in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 3 – ISSN 2499-846X

Cassazione Penale, Sez. III, 14 gennaio 2019 (ud. 8 novembre 2018), n. 1511
Presidente Rosi, Relatore Gai

La vicenda sottoposta all’attenzione dei Giudici di Legittimità può essere così sinteticamente descritta: all’odierno imputato – quale ex amministratore e legale rappresentante di una S.p.A. – veniva contestata la violazione dell’art. 2 d.l. 12 settembre 1983 n. 463 (convertito nella l. 11 novembre 1983, n. 638) per aver omesso di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori per tre mensilità durante l’anno 2011.

Dopo la condanna nei due primi gradi di giudizio, la difesa dell’imputato presentava ricorso per cassazione, rilevando che la corte territoriale non aveva considerato che l’imputato aveva cessato la carica di amministratore al momento in cui era stata notificata la diffida ex art. 2, comma 1-bis della l. 638/1983 e, per tale ragione, i fatti contestati non erano più contestabili  all’imputato, non potendo questi regolarizzare la posizione contributiva.

Accanto a tale profilo, la difesa eccepiva – quale elemento in grado di escludere l’elemento doloso in capo all’odierno imputato – la circostanza secondo cui la società aveva concordato con l’INPS un piano di rientro del debito.

Orbene, come si vedrà fra un istante, la Suprema Corte rigettava il ricorso, confermando così le conclusioni a cui era pervenuta la corte territoriale.

In prima battuta, la Terza Sezione escludeva ogni rilevanza alla circostanza secondo cui l’odierno imputato aveva cessato la carica di amministratore e Legale Rappresentante al momento della notifica della causa di non punibilità prevista dall’art. 2, comma 1-bis della l. 638/1983.

Detto altrimenti, l’art. 2, comma 1-bis integra un reato omissivo istantaneo che “si consuma nel momento in cui scade il termine utile concesso al datore di lavoro per il versamento, attualmente fissato, dall’art. 2, comma primo, lett. b) del D.Lgs. n. 422 del 1998, al giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi” (p. 3).

Ai fini dell’individuazione del momento consumativo del reato, è pertanto del tutto “irrilevante […] che la data per adempiere al pagamento sia fissata nei tre mesi successivi alla contestazione della violazione, poiché la pendenza di tale termine determina esclusivamente la sospensione del corso della prescrizione per il tempo necessario a consentire al datore di lavoro di avvalersi della causa di non punibilità di cui all’art. 2, comma primo bis, del citato D.L. (Sez. 3, n. 26732 del 05/03/2015, Rv. 264031)” (p. 3).

In questo scenario, il soggetto attivo “del rapporto previdenziale è solo ed esclusivamente il datore di lavoro il quale, anche quando delega ad altri il versamento delle ritenute, conserva l’obbligo di vigilare sull’adempimento dell’obbligazione da parte del terzo” (p. 3).

Di conseguenza, questi – in quanto obbligato al momento dell’insorgenza del debito – resta tenuto – “anche se, medio tempore, ha perso la rappresentanza o la titolarità dell’impresa” (p. 3) – ad adempiere alla diffida ex art. 2, comma 1-bis, dal momento che “il pagamento costituisce una causa personale di esclusione della punibilità, sicché vi è tenuto solo l’autore del reato, tenuto a sollecitare, nel caso in cui altri abbiano assunto la veste di datore di lavoro, perché succedutisi nella carica sociale, questi perché adempia al pagamento nel termine trimestrale decorrente dalla contestazione o della notifica dell’avvenuto accertamento della violazione (Sez. 3, n. 39072 del 18/07/2017, Falsini, Rv. 271473; Sez. 3, n. 19574 del 21/11/2013, Assirelli, Rv. 259741)” (p. 3).

In sintesi, “l’imputato, che non sia più legale rappresentante della società vincolata al versamento contributivo, autore del reato, resta tenuto ad adempiere alla diffida ai sensi dell’art. 2 d.l. 12 settembre 1983, n. 463, conv. dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e può beneficiare della causa personale di non punibilità adempiendo all’obbligazione in nome e per conto di quest’ultima, secondo lo schema del pagamento del terzo di cui all’art. 1180 cod. civ.“, norma che, come noto, consente l’adempimento da parte di un terzo soggetto diverso dal debitore, anche contro la volontà del creditore, sempre che quest’ultimo non abbia interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione.

Calando i suddetti principi alla vicenda in esame, la Suprema Corte supera così gli assunti difensivi, rilevando che l’ex amministratore – che ha perso medio tempore la carica – resta tenuto al pagamento e – per poter beneficiare della causa di non punibilità ex art. 2, comma 1-bis – può far ricorso allo schema civilistico dettato dall’art. 1180 c.c. oppure può sollecitare il pagamento al nuovo management a lui subentrato.

Definito tale profilo, la Cassazione respinge anche il secondo motivo di ricorso, escludendo ogni rilevanza alla conclusione di un piano di rientro del debito concordato con l’INPS.

In particolare, la Corte rileva che ogni valutazione in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo deve essere svolta con esclusivo riferimento al momento consumativo del reato, senza che possano aver rilevanza ulteriori aspetti avvenuti in epoca successiva: a tal proposito, si legge infatti che “l’elemento soggettivo del reato omissivo proprio, ovvero la consapevolezza dell’omissione del versamento dei contributi INPS, deve sussistere al momento della scadenza dell’obbligazione e dunque, rispetto a questo momento […] deve essere apprezzato il dolo del reato” (cfr. p. 4) a nulla rilevando il successivo piano di rientro del debito.

Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Miglio, Momento consumativo del delitto di omesso versamento di contributi previdenziali ed assistenziali e cessazione dalla carica di rappresentante legale al momento della notifica della diffida ad adempiere ex art. 2 c. 1-bis, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 3