ARTICOLIDIRITTO PENALELegilsazione speciale

Sul concorso tra favoreggiamento dell’immigrazione di una prostituta e favoreggiamento della prostituzione della medesima

Cassazione Penale, Sez. III, 19 novembre 2013 (ud. 2 ottobre 2013), n. 46223
Presidente Mannino, Relatore Andronio

Depositata il 19 novembre scorso la pronuncia numero 46223 della terza sezione penale a proposito del possibile concorso tra i due reati di favoreggiamento dell’immigrazione e favoreggiamento della prostituzione.
Questi, brevemente, i fatti: l’imputato veniva condannato per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina perchè, in concorso con soggetti separatamente giudicati sfruttava e favoriva la prostituzione di una serie di ragazze, accompagnandole sul luogo del meretricio e controllandole, nonchè alloggiandole in abitazioni nella disponibilità sua o dei concorrenti, con l’aggravante di aver commesso il fatto con violenza e minaccia, ai danni di più persone e in più di cinque persone e, inoltre, perchè, in concorso con altri, al fine di trarre un ingiusto profitto consistente nella destinazione allo sfruttamento della prostituzione, aveva favorito la permanenza di ragazze extracomunitarie in Italia in violazione del medesimo decreto legislativo attraverso le condotte descritte
Ricorreva per Cassazione l’imputato deducendo, tra gli altri motivi, l’erronea applicazione della legge penale con riferimento al reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5 perché non si sarebbe tenuto conto che in tali capi di imputazione non viene considerata alcuna condotta autonoma, diversa dal favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, nè si sarebbe correttamente applicata la clausola di sussidiarietà contenuta nel richiamato art. 12, comma 5, che esclude la configurabilità di un concorso formale fra tali fattispecie.
Recita, infatti, l’art. 12 c. 5 del D.Lgs. n. 286 del 1998: “Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a euro 15.493 (lire trenta milioni). Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà”.

La Suprema Corte ha ritenuto il motivo di ricorso fondato.
In particolare, hanno osservato i giudici come il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di una prostituta e quello di favoreggiamento della prostituzione della medesima non concorrono materialmente, in quanto, in virtù della clausola di riserva contenuta nell’art. 12, comma 5, D.Lgs. n. 286 del 1998 (T.U. Immigrazione), il primo deve ritenersi assorbito dal secondo (v. anche sez. 3, 7 luglio 2011, n. 41404, rv. 251299).
Ne consegue, pertanto, l’assorbimento dei reati di favoreggiamento della permanenza illegale in Italia di cittadini extracomunitari nei corrispondenti delitti di favoreggiamento della prostituzione in danno delle medesime persone, trattandosi di condotte descritte nell’imputazione come esattamente coincidenti, che – per quanto sopra rilevato – non possono dare luogo ad un concorso formale di reati.
In altri termini, qualora la condotta sia unica – dal punto di vista storico e naturalistico – la clausola di riserva sopra richiamata, in forza della quale la norma trova applicazione solo se il fatto non costituisca più grave reato, rende configurabile solo il favoreggiamento della prostituzione, che è il reato più grave.

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Redazione Giurisprudenza Penale

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