ARTICOLIDIRITTO PENALEIN PRIMO PIANO

Introdotto il reato di depistaggio (art. 375 c.p.)

camera-dei-deputati

Il 5 luglio 2016 l’Assemblea della Camera dei deputati ha definitivamente approvato il disegno di legge che introduce nel codice penale il reato di frode processuale e depistaggio.

Il nuovo delitto è previsto dall’art. 375 c.p. (attualmente relativo alle circostanze aggravanti dei delitti di falsità processuale) e punisce con la reclusione da 3 a 8 anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che compia una delle seguenti azioni, finalizzata ad impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale:

  • mutare artificiosamente il corpo del reato, lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone connessi al reato;
  • affermare il falso o negare il vero ovvero tacere in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, ove richiesto dall’autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria di fornire informazioni in un procedimento penale.

Il nuovo reato risulterà aggravato quando:

  • il fatto è commesso mediante distruzione, soppressione, occultamento, danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento (la pena da applicare è aumentata da un terzo alla metà);
  • il fatto è commesso in relazione a procedimenti penali relativi ad alcun specifici gravi reati (si applica la pena della reclusione da 6 a 12 anni)

La pena sarà diminuita dalla metà a due terzi se l’autore del fatto si adopera per:

  • ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove;
  • evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori;
  • aiutare concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell’individuazione degli autori.

La norma ha carattere sussidiario, essendo applicabile solo quando il fatto non presenti gli estremi di un più grave reato.

Si tratta di un reato proprio, in quanto soggetto attivo può essere solo un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio mentre nell’iniziale testo approvato dalla Camera il reato era comune e la commissione da parte del pubblico ufficiale determinava l’applicazione di un’aggravante.

L’elemento soggettivo è quello del dolo specifico, perché oltre alla coscienza e volontà della condotta occorre il fine di “impedire, ostacolare o sviare un’indagine“.

Redazione Giurisprudenza Penale

Per qualsiasi informazione: redazione@giurisprudenzapenale.com