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Rape and rape as a weapon of war: tre importanti decisioni in materia rese nel 2016

in Giurisprudenza Penale Web, 2016, 7-8 – ISSN 2499-846X

congowomen

Nella storia del diritto penale internazionale la prima metà del 2016 verrà di certo ricordata per i significativi contributi giudiziali forniti in tema di repressione della violenza sessuale nei conflitti armati. Tre sono infatti state le sentenze di condanna emesse a carico di soggetti ritenuti per vario grado responsabili di aver commesso crimini a sfondo sessuale, dalla schiavitù alla violenza sessuale, in un contesto di guerra.

A febbraio il Tribunal Primero de Sentencia Penal, Narcoactividad y Delitos Contra el Ambiente di Città del Guatemala ha condannato Esteelmer Reyes Girón e Heriberto Valdéz Asig per vari reati di violenza sessuale a danno di quindici donne commessi durante la guerra civile che ha diviso il Paese per trentasei anni. La corte guatemalteca è diventata così la prima giurisdizione al mondo ad aver contestato il reato di schiavitù sessuale e domestica in un procedimento domestico per crimini contro l’umanità. Si tratta inoltre della prima volta in assoluto in cui la giustizia guatemalteca ha affrontato un caso di sexual and gender based crime nel contesto del conflitto interno.

In marzo, la Corte Penale Internazionale (CPI) ha reso la sua prima condanna per sexual and gender-based crimes contro l’ex vice-presidente della Repubblica Democratica del Congo, Jean-Pierre Bemba Gombo, imputato a vario titolo nel contesto della situation “Central African Republic I” (su cui questa Rivista, ivi). Nel sentencing reso il 21 giugno, Bemba è stato condannato a diciotto anni di carcere complessivi, di cui otto già scontati nel corso del processo.

Infine a maggio le Chambres Africaines Extraordinaires con sede in Senegal hanno condannato l’ex presidente del Chad, Hissène Habré, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità fra cui violenza e schiavitù sessuale (su cui questa Rivista, ivi). Anche la sentenza di condanna di Habré vanta alcuni primati, trattandosi della prima volta in cui un procedimento instaurato sulla base della giurisdizione universale in Africa arriva a processo e, allo stesso tempo, del primo caso in cui un ex capo di stato è giudicato colpevole del crimine internazionale di violenza sessuale.

Di seguito un breve commento alle sentenze citate.

1. Il caso “Sepur Zarco” (Tribunal Primero de Sentencia Penal, Narcoactividad y Delitos Contra el Ambiente, Guatemala)

Fra il 1982 ed il 1984 Esteelmer Reyes Girón e Heriberto Valdéz Asig erano entrambi di stanza presso il “Destacamento Militar de Sepur Zarco”, il primo come membro dell’esercito guatemalteco e comandante della base, il secondo in qualità di membro delle c.d. patrullas de autodefensa civil, ossia gruppi paramilitari incaricati dall’esercito ufficiale guatemalteco di mantenere il controllo delle comunità indigene.

Secondo l’esperto Rosada Granados, le cui conclusioni sono riportate nella decisione finale, il caso “Sepur Zarco” è esemplare nell’illustrare il modus operandi dell’esercito guatemalteco nel corso del conflitto. Prima avvenivano le sparizioni forzate degli uomini delle comunità indie, poi si procedeva allo stupro sistematico delle donne e, infine, all’espropriazione e/o distruzione dei loro beni. Il lavoro forzato e la schiavitù sessuale a cui erano costrette in seguito le donne di Sepur Zarco hanno causato un danno, oltre che alle singole vittime, al loro nucleo familiare e alle loro comunità. La perizia culturale effettuata su ciascuna delle vittime ha pienamente dimostrato, secondo il Tribunale, che lo stupro sistematico mirava alla distruzione umana e culturale della comunità di Sepur Zarco e della sua struttura tradizionalmente patriarcale.

Nelle parole dell’esperto militare Prudencio Garcia Martinez de Murguia, le quindici donne di etnia  maya furono trattate alla stregua di un obiettivo militare nella convinzione che incarnassero un settore sociale a favore della guerriglia.

Esteelmer Reyes Girón è stato riconosciuto da diversi testimoni come il responsabile della base di Sepur Zarco. In tale veste è stato accusato e condannato per crimini contro l’umanità, in particolare violenza sessuale, schiavitù sessuale e domestica e trattamenti inumani e degradanti. La posizione apicale da lui ricoperta ha fatto sì che fosse inoltre ritenuto responsabile dell’assassinio di una delle vittime di stupro e delle sue due figlie piccole.

Simili accuse sono state rivolte contro Heriberto Valdéz Asig, reo di aver permesso e incoraggiato le azioni commesse da Girón, nonché responsabile della sparizione forzata dei congiunti di alcune delle donne ridotte in schiavitù a Sepur Zarco.

Girón e Asig sono stati condannati, rispettivamente, a 120 e 240 anni di carcere.

2. The Prosecutor v Jean Pierre Bemba Gombo (International Criminal Court)

Nell’ottobre del 2002 l’allora presidente della Repubblica Centrafricana, Ange-Félix Patassé, richiede l’assistenza del Mouvement pour la Liberation du Congo (MLC) di Jean Pierre Bemba per contrastare l’ascesa di François Bozizé alla guida dello Stato. La decisione di intervenire da parte di Bemba, dice la sentenza, si basa su ragioni sia strategiche sia personali, data la vicinanza fra i due leader africani.

Al momento del suo arresto, avvenuto a Bruxelles nel 2008, Bemba ricopriva la carica di senatore in Repubblica Democratica del Congo, mentre in precedenza aveva ricoperto l’incarico di vice-presidente.  La posizione apicale di Bemba ne fa la figura di maggior rilievo e peso politico mai condannata dalla Corte Penale Internazionale fino ad oggi.

Le contestazioni rivolte dall’Ufficio del Procuratore includono omicidio e stupro come crimini contro l’umanitá (Articoli 7(1)(a) e 7(1)(g) dello Statuto di Roma), oltre a omicidio, stupro e saccheggio come crimini di guerra (Articoli 8(2)(i), 8(2)(e)(vi) e 8(2)(e)(v)). L’accusato si é dichiarato non colpevole rispetto a tutti i capi di imputazione, sostenendo che, una volta schierate le forze del MLC in territorio centrafricano, il controllo effettivo delle stesse è passato nelle mani di altri.

La Trial Chamber ha rigettato in toto la tesi difensiva confermando quanto già appurato in fase di Pre-Trial, ossia che a) Bemba ha agito in qualità di comandante con piena ed effettiva autorità sulle truppe del MLC in Repubblica Centrafricana, b) Bemba era a conoscenza dei crimini di omicidio, stupro e saccheggio commessi o in procinto di essere commessi da tali truppe, c) Bemba ha omesso di prendere ogni possibile misura atta a prevenire o reprimere la commissione di tali crimini e, infine, d) la condotta omissiva di Bemba ha incrementato il rischio di commissione di tali crimini da parte delle truppe congolesi.

Con particolare riferimento al terzo punto si legge che, nonostante la commissione di crimini fosse stata ampiamente riconosciuta sia internamente al MLC sia dai mezzi di informazione, le contromisure prese da Bemba si sono limitate a generici inviti a non maltrattare la popolazione civile e all’instaurazione di procedimenti disciplinari contro sette soldati di basso grado per il saccheggio di beni di scarso valore. Le due commissioni di inchiesta create da Bemba con l’apparente scopo di investigare le violazioni commesse si sono invece limitate a prendere in considerazione episodi di saccheggio risalenti ai primi giorni dell’occupazione. Conclude la Camera sottolineando come la predisposizione di un adeguato sistema di remunerazione e diarie avrebbe di certo diminuito il rischio di commissione di crimini – fra cui lo stupro – a scopo di self-compensation.

Il 21 giugno la Corte ha emesso la decisione in materia di determinazione della pena nel caso Bemba condannando quest’ultimo a 18 anni di carcere (otto dei quali già scontati in attesa di giudizio), sette in meno rispetto a quanto richiesto dal Procuratore. Nella decisione si legge che la pena è stata così ripartita: 18 anni per il crimine di stupro come crimine di guerra, 18 anni per il crimine di stupro come crimine contro l’umanità e 16 anni per i restanti capi di imputazione. Si è concesso tuttavia lo sconto concomitante della pena.

3. Le Procureur Général v Hissène Habré (Chambres Africaines Extraordinaires)

Hissène Habré ha governato il Chad dal 1982 fino alla presa di potere da parte dell’attuale presidente, Idriss Déby, che l’ha indotto a fuggire in Senegal.

Il regime di Habré in Chad si è distinto per la violazione sistematica ed estesa dei diritti umani della popolazione nel corso di varie campagne militari. In particolare, Habré si è servito di arresti ed omicidi di massa nella persecuzione delle diverse etnie che via via egli considerava una minaccia per il suo regime, come ad esempio i Sara e altri gruppi del sud del Paese, gli Hadjarai e gli Zaghawa. Nonostante l’esatto numero delle vittime non sia mai stato precisato, una commissione di inchiesta istituita da Déby ha ritenuto Habré responsabile di 40 mila casi di omicidio e tortura a sfondo politico, la maggior parte dei quali commessi dalla temibile polizia politica di Habré, la Direction de la Documentation et de la Sécurité (DDS), all’interno di centri segreti di detenzione.

Nel gennaio del 2000 l’Associazione delle Vittime dei Crimini e della Repressione Politica in Chad ha depositato una denuncia contro Habré presso il tribunale regionale di Dakar, Senegal. I denuncianti hanno portato contro Habré accuse di tortura e crimini contro l’umanità per 97 casi di omicidio, 142 casi di tortura, 100 sparizioni forzate e 736 arresti arbitrari. Il 3 febbraio 2000 Habré è ufficialmente accusato di concorso in crimini contro l’umanità, tortura e atti inumani.

Dopo la decisione della Corte di Cassazione senegalese del 2001 che ha stabilito l’assenza di giurisdizione nel caso Habré, nell’agosto del 2012 Senegal e Unione Africana firmano un accordo che istituisce le Chambres Extraordinaires Africaines, un tribunale ad hoc integrato nel sistema giudiziario senegalese, il cui mandato copre i crimini commessi in Chad fra il 7 giugno 1982 ed il 1° dicembre 1990. Il 2 luglio 2013 Hissène Habré è formalmente accusato di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e torture commesse nel periodo compreso dal mandato. Il 30 maggio 2016 le Camere Straordinarie emettono una sentenza di condanna all’ergastolo. Le Camere Straordinarie costituiscono il primo caso africano di tribunale con giurisdizione universale utilizzato per processare un leader politico.

Nonostante le numerose testimonianze rese nel corso del processo – di cui una a proposito di violenze sessuali commesse da Habré in persona -, fra i capi di imputazione non compaiono crimini di violenza sessuale. Gli stupri, i casi di schiavitù sessuale, prostituzione forzata, sterilizzazione forzata e altre tipologie di violenza sessuale sono stati considerati dall’Ufficio del Procuratore come elementi contestuali dei crimini contro l’umanità contestati. Alla base di tale scelta accusatoria – in chiara controtendenza con i più recenti trend del diritto penale internazionale – sono state addotte esigenze investigative e l’insufficienza di materiale probatorio.


Bibliografia.

Sentencia C-01076-2012-00021 Of. 2°, 26 febbraio 2016, Tribunal Primero de Sentencia Penal, Narcoactividad, y Delitos contra el Ambiente, Guatemala.

ICC-01/05-01/08, The Prosecutor v Jean Pierre Bemba Gombo, Judgment pursuant to Article 74 of the Statute, 21 marzo 2016, International Criminal Court.

ICC-01/05-01/08, The Prosecutor v Jean Pierre Bemba Gombo, Decision on Sentence pursuant to Article 76 of the Statute, 21 giugno 2016, International Criminal Court.  

Trial International, scheda sul processo Hissène Habré (https://trialinternational.org/latest-post/hissene-habre/)

International Justice Monitor, “Reactions to the Conviction of Hissène Habré: A Historic Moment for Justice”, 2 giugno 2016, (http://www.ijmonitor.org/2016/06/reactions-to-the-conviction-of-hissene-habre-a-historic-moment-for-justice/).

Come citare il contributo in una bibliografia:
V. Rainò, Rape and rape as a weapon of war: tre importanti decisioni in materia rese nel 2016, in Giurisprudenza Penale Web, 2016, 7-8