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41-bis e disapplicazione dell’ordine di servizio in tema di diritto allo studio

in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 10 – ISSN 2499-846X

Magistrato di Sorveglianza di Sassari, ordinanza, 4 ottobre 2018
Dott.ssa Luisa Diez

Cassazione Penale, Sez. I, 8 giugno 2018, n. 40761
Presidente Bonito, Relatore Minchella 

1. Con ordinanza del 4 ottobre 2018, il Magistrato di Sorveglianza di Sassari è tornato ad occuparsi delle prescrizioni trattamentali di cui all’art. 41-bis O.P., in ragione dell’ultima Circolare DAP (n. 3676/616 del 2 ottobre 2017).

La Circolare, come noto, mantiene ferma la posizione dell’Amministrazione penitenziaria (già espressa in precedenti circolari del 2003 e del 2009), stabilendo che il detenuto in regime di 41-bis O.P. possa permanere all’aperto per non più di due ore al giorno (art. 11, p. 15), secondo gli orari e le modalità prestabiliti, “compatibilmente con l’organizzazione dell’istituto e con l’esigenza di garantire a tutti detenuti lo stesso trattamento” (artt. 11.1, 11.2, pp. 15-16). Si fissa in un’ora al giorno il tempo per svolgere attività ricreative/sportive da poter trascorrere nella saletta e/o palestra (artt. 11.3 (attività sportive), 11.5 (sala pittura), 11.6 (servizio biblioteca e libri), sulla base di un’apposita autorizzazione da parte della direzione penitenziaria e, sempre nei limiti temporali delle due ore massime concesse dal co.2-quater lett. f) dell’art. 41-bis O.P.). Se tale prescrizione risulta regolata in modo sufficientemente preciso, ciò che rimane ambiguo è capire se l’ora dedicata d attività trattamentali/ricreative debba essere computato nelle due ore di permanenza all’aria aperta, con ciò sacrificando necessariamente le esigenze psico-fisiche del detenuto (per non parlare delle istanze rieducative).

2. La quaestio iuris prende origine dal reclamo del detenuto avverso la decisione della Direzione che gli aveva concesso l’utilizzo di personal computer dell’Amministrazione solo per un’ora al giorno (inizialmente dalle 16:00 alle 17:00, attualmente dalle h 12:00 alle 13:00), in alternativa alla saletta di socialità e con la precisazione che se il detenuto “fruisce di due ore consecutive di passeggio”, quest’ultimo non potrà utilizzare il computer”. Il detenuto lamenta come una sola ora di utilizzo sia insufficiente in rapporto alle proprie esigenze di studio e che le limitazioni imposte sviliscono la finalità igienico-sanitaria soddisfatta dalla permanenza all’aria aperta e la finalità ricreativa-culturale correlata all’utilizzo della sala socialità.

3. Come ricorda il Magistrato di Sorveglianza di Sassari, “Il diritto allo studio è tutelato al più alto livello, a tutti, dall’art. 34 Cost. e viene ribadito specificamente per i detenuti dagli artt. 12, 15, 19 O.P. e dagli artt. 1, 16, 21, 41, 43, 44 e 59 reg. O.P. …. L’accesso alla cultura rappresenta uno strumento essenziale di crescita individuale e sociale, uno strumento prezioso per favorire una riflessione critica del proprio passato criminale e delle spinte devianti di carattere personale e ambientale. Tale interesse, e il corrispondente diritto, ha natura diversa da quelli, pure garantiti dall’ordinamento, alle relazioni interpersonali (essendo l’uomo un animale sociale che non può vivere a lungo completamente isolato, pena gravi ripercussioni psico-fisiche) e alla permanenza all’aria aperta (indispensabile per la salvaguardia di essenziali esigenze igienico-sanitarie, oltre che psicologiche)”.

4. Concedendo la possibilità al detenuto di utilizzare il computer dell’Amministrazione per un’ora al giorno, all’interno del limite massimo di due ore di permanenza all’aria aperta, sembra che la Direzione sia partita dall’assunto (presumibilmente rinvenuto nell’ambigua formulazione dell’art. 14.1 della menzionata Circolare DAP), secondo cui il detenuto sottoposto al regime differenziato debba permanere all’interno della propria camera di pernottamento 22 ore al giorno, e dall’ulteriore assunto che in tale camera non possa utilizzare il personal computer: tale doppia previsione ha  la conseguenza che per poter utilizzare tale strumento l’interessato deve effettuare rinunce in ordine agli altri due diritti.

5. Tali assunti, come riporta l’ordinanza in commento, non paiono condivisibili [1]. La permanenza all’aria aperta risponde espressamente alla finalità di contenimento degli effetti negativi della privazione della libertà personale, tanto che sono previste le valutazioni dei servizi sanitario e psicologico e tanto che essa deve perdurare almeno due ore al giorno e che la riduzione di essa a una sola ora al giorno è resa possibile soltanto nel rispetto della rigida condizione della sussistenza di ragioni eccezionali poste alla base di un provvedimento motivato. Peraltro, va anche annotato che il comma 2-quater dell’art. 41-bis O.P., nel prevedere alla sua lettera f) che la sospensione di alcune regole del trattamento riguarda anche “la limitazione della permanenza all’aperto, che non può svolgersi in gruppi superiori a quattro persone, a una durata non superiore a due ore al giorno, fermo restando il limite minimo di cui al primo comma dell’art. 10”, non prevede affatto una compressione in via generale di tale permanenza all’aperto, ma rinvia alla disciplina generale. Tutto ciò non va sovrapposto alla c.d. socialità, termine che indica il tempo da trascorrere in compagnia all’infuori delle attività di lavoro o di studio: la socialità, quindi, viene fatta nelle stanze detentive, all’ora dei pasti (riunendosi in piccoli gruppi), oppure nelle apposite “salette”. Si tratta, in altri termini, di due distinte situazioni che hanno differente finalità e che, anche nell’impianto normativo, non risultano fungibili tra di loro: la permanenza del detenuto all’aria aperta risponde a esigenze igienico-sanitarie, mentre lo svolgimento delle attività in comune in ambito detentivo è valorizzato nell’ottica di una tendenziale funzione rieducativa della pena.

6. Seguendo l’iter argomentativo del Magistrato di Sorveglianza, si conclude che l’utilizzo da parte del detenuto del computer dell’Amministrazione, a lui riconosciuto per ragioni di studio, deve essere in concreto organizzato in modo tale da non pregiudicare né la fruizione in compagnia della c.d. saletta socialità né la sua permanenza all’aria aperta, la cui limitazione a una sola ora, ai sensi dell’art. 10 O.P., può essere disposta soltanto per ragioni eccezionali. Detto ciò, quindi, non rimane che disporre la disapplicazione parziale di tale ordine di servizio, in applicazione del principio generale dettato dall’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, nelle parti in cui stabilisce che l’uso del computer debba avvenire in alternativa alla fruizione in compagnia della saletta di socialità e che è vietato utilizzare il computer in ipotesi di fruizione di due ore consecutive di permanenza all’aperto. Non si ravvisano nella normativa preclusioni all’utilizzo del computer all’interno della camera detentiva. È comunque lasciata alla discrezione dell’Amministrazione scegliere lo spazio destinato a tale utilizzo, purché ciò avvenga senza compressione del diritto dell’interessato di accedere in compagnia alla sala socialità e di permanere due ore all’aria aperta.

7. Pertanto, il Magistrato di Sorveglianza, conclude, previa disapplicazione dell’ordine di servizio della Direzione, ordinando alla stessa Direzione di consentire al detenuto l’utilizzo del personal computer senza alcun pregiudizio dei suoi concorrenti diritti di fruire dell’accesso in compagnia alla saletta di socialità e di permanere due ore all’aria aperta.


[1] Nel respingere un ricorso del Ministro della Giustizia avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Sassari in sede in tema di fruizione di ore all’aperto, la Corte Suprema (v. Cass. Sez. I, n. 40761/18), ha chiaramente affermato che in esito a una lettura sistematica delle norme in materia, «la sovrapposizione della permanenza all’aria aperta e della socialità costituisce un’operazione non corretta, poiché accomuna senza ragione due differenti ipotesi, la cui unica connotazione comune (e cioè lo stare al di fuori della stanza detentiva) mostra gli aspetti della irrilevanza che qui interessano. si desume in via sistematica che la sovrapposizione della permanenza all’aria aperta e della socialità costituisce un’operazione non corretta, poiché accomuna senza ragione due differenti ipotesi, la cui unica connotazione comune (e cioè lo stare al di fuori della stanza detentiva) mostra gli aspetti della irrilevanza ai fini che qui interessano. Parimenti si desume che la permanenza all’aria aperta risponde espressamente alla finalità di contenimento degli effetti negativi della privazione della libertà personale, tanto che sono previste le valutazioni dei servizi sanitario e psicologico e tanto che essa deve perdurare almeno due ore al giorno e che la riduzione di essa ad una sola ora al giorno è resa possibile soltanto nel rispetto della rigida condizione della sussistenza di ragioni eccezionali poste alla base di un provvedimento motivato. Peraltro, va anche annotato che il comma 2 quater dell’art. 41-bis O.P., nel prevedere alla sua lettera f) che la sospensione di alcune regole del trattamento riguardi anche “la limitazione della permanenza all’aperto, che non può svolgersi in gruppi superiori a quattro persone, ad una durata non superiore a due ore al giorno fermo restando il limite minimo di cui al primo comma dell’articolo 10”, non prevede affatto una compressione in via generale di tale permanenza all’aperto, ma rinvia alla disciplina generale (giacchè è lo stesso art. 10 citato a prevedere che la permanenza all’aperto possa avvenire in gruppi). Tutto ciò non va sovrapposto alla c.d. socialità, termine che indica il tempo da trascorrere in compagnia all’infuori delle attività di lavoro o di studio: la socialità, quindi, viene fatta nelle stanze detentive, all’ora dei pasti (riunendosi in piccoli gruppi), oppure nelle apposite “salette”» (così. Cass., Sez. I, 8 giugno 2018, n. 40761/18).

Come citare il contributo in una bibliografia:
V. Manca, 41-bis e disapplicazione dell’ordine di servizio in tema di diritto allo studio, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 10