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La giustizia riparativa nell’ordinamento penale italiano

L’introduzione in Italia di un meccanismo così diverso rispetto ai principi tradizionali del sistema penale è risultata non priva di complessità, atteso che il nostro ordinamento è poco propenso a riconoscere alla vittima un ruolo di protagonista. L’operato del Legislatore, in quelle rare occasioni in cui ha introdotto degli strumenti rispondenti al modello della giustizia “senza spada”, è stato sorretto da mere finalità deflattive. Inoltre, va sottolineato che questi istituti sono nati in ordinamenti giuridici in cui vigono principi molto diversi da quelli del civil law.

Appare opportuno, quindi, analizzare quali sono i rapporti tra i principi della giustizia riparativa e i principi costituzionali che sorreggono il processo penale. Detta analisi è condotta tracciando gli spazi operativi per l’innesto di esperienze di giustizia riparativa nel sistema penale italiano, approfondendo i principali modelli di istituti ispirati al paradigma restorative, a cominciare dalla mediazione nel procedimento penale minorile. Tale istituto costituisce, invero, l’opportunità di un pieno recupero di soggetti la cui personalità è ancora in formazione, i quali potrebbero ricavare da un sistema penale, meramente sanzionatorio, conseguenze assai pregiudizievoli: è uno strumento che può aiutare il minore a riflettere su quello che ha commesso, che lo può socialmente orientare e sostenere, nelle sue difficoltà, in modo da consentirne il reinserimento positivo nella società.

Portata innovativa per il processo penale italiano è riconosciuta, poi, alla mediazione nell’ambito della probation per imputati adulti, in quanto configura il primo caso in cui un reato, non minorile né di competenza del giudice di pace, possa essere affrontato dall’ordinamento penale italiano senza passare attraverso la quantificazione di una pena detentiva.

Nella giustizia penale italiana, la mediazione e la riparazione in favore delle vittime trovano spazio anche all’interno del procedimento penale davanti al giudice di pace: queste aperture, sebbene, alcune siano ancora in forma embrionale, denotano un passaggio positivo nell’avvicinamento a una giustizia senza spada. L’inoperatività della presunzione d’innocenza, in executivis, rende, infine, la fase post rem iudicatum terreno davvero fertile per la sperimentazione di pratiche di giustizia riparativa, quale occasione per ricucire la frattura provocata dal reato, rinsaldare il “patto di cittadinanza”, aumentare il senso di benessere dei cittadini, abbassare la recidiva e, più in generale, la conflittualità diffusa, e, nel contempo, favorire una rieducazione del soggetto destinatario di una condanna penale, in vista della sua piena reintegrazione nel tessuto sociale

In conclusione, si ritiene che i principi della giustizia riparativa, se opportunamente disciplinati, possano integrarsi proficuamente nel nostro ordinamento, in sintonia con il dettato della Costituzione.

Come citare il contributo in una bibliografia:
S. Sessa, La giustizia riparativa nell’ordinamento penale italiano, in Giurisprudenza Penale, 2019, 10