ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALE

Il Tribunale di sorveglianza di Lecce si pronuncia in tema di giustizia riparativa e “reati senza vittima”

Tribunale di sorveglianza di Lecce, Ordinanza, 18 dicembre 2023
Presidente dott. Mastropasqua, Relatore dott.ssa Magliola

Segnaliamo ai lettori, in tema di giustizia riparativa, l’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza di Lecce si è pronunciato – in senso favorevole – sulla questione relativa all’accesso ai relativi programmi nel caso di cc.dd. “reati senza vittima” (ossia, reati che ledono beni collettivi o interessi generali).

Dopo aver richiamato la normativa in tema di giustizia riparativa, il Tribunale di Lecce ha osservato come «il concetto di “vittima” non possa essere limitato alla parte offesa del reato: infatti, già il mero dato letterale della disposizione, in cui si prevede l’accessibilità ai programmi riparativi da parte di tutti i soggetti che vi abbiano interesse, elimina ogni preclusione normativa sotto il profilo soggettivo; inoltre, con la previsione, secondo cui l’accesso ai programmi in questione avviene senza preclusioni in ordine alla gravità o alla tipologia di reato e in ogni stato o grado del procedimento penale, compresa la fase esecutiva e financo all’esito di una sentenza di non luogo a procedere per difetto della condizione di procedibilità o per intervenuta estinzione del reato, si elimina sia ogni delimitazione oggettiva con riferimento al novero delle condotte criminose perpetrate, sia ogni preclusione temporale relativa al procedimento o processo ed alla fase esecutiva della condanna».

I giudici proseguono osservando come, «oltre siffatto quadro normativo, riguardante strettamente l’istituto in argomento, debba altresì indagarsi l’ambito sistematico, entro il quale si colloca la riforma del corpus normativo riguardante la giustizia riparativa: a tal fine, si dà atto che l’accesso ai programmi di giustizia riparativa comporta significative conseguenze sia sostanziali che procedurali e trattamentali». Infatti – si legge nell’ordinanza – «la persona condannata, che abbia avuto accesso al programma, può giovarsi ai sensi dell’art. 62, comma 1 n. 6 c.p. del riconoscimento di una circostanza attenuante; può conseguire la tacita remissione di querela, se il programma abbia un esito riparativo; può ottenere la sospensione condizionale della pena cd. “breve” ai sensi dell’art 163, comma 4 c.p.; può chiedere ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p. – a determinate condizioni – la sospensione del procedimento e può inserire ex art. 464-bis c.p.p., in sede di istanza di messa alla prova, i contenuti propri del programma di trattamento con richiesta di sospensione; in sede esecutiva e sotto il profilo trattamentale – in caso di espiazione di pena per reati ostativi contemplati dall’art. 4-bis, comma 1 o.p. come novellato dall’art. 1, comma 1 lett. a) del D.I. n. 162/22 – può giovarsi in assenza di collaborazione dell’accesso al programma riparativo in favore delle vittime, al fine di ottenere il permesso premio».

Non può sottacersi, peraltro, «la valenza general-preventiva della norma penale incriminatrice, che l’istituto della giustizia riparativa ha inteso valorizzare, laddove con l’art. 53 lett. b) si è introdotto – tra le modalità di svolgimento – il cd. “dialogo riparativo” il quale si aggiunge all’ipotesi di mediazione tra autore e vittima diretta di cui alla precedente lett. a), ammettendo cosi una dimensione allargata della giustizia riparativa che può coinvolgere anche soggetti diversi rispetto alla vittima diretta e, conseguentemente, attraendo nell’ambito di applicazione dell’istituto anche i cc.dd. “reati senza vittima”».

Tale estensione “comunitaria” – continua il provvedimento – «appare quanto più opportuna in presenza di reati in materia di stupefacenti, ove la lesione del bene/interesse tutelato trascende l’aspetto individuale del rapporto spacciatore-assuntore e manifesta l’in sè dell’offensività penale proprio nella congerie di conseguenze sociali, sanitarie e lavorative, che la specifica vicenda penale può comportare».

Del resto – precisa l’ordinanza – «è esattamente alle specifiche caratteristiche della vicenda, la quale fa da sfondo al reato, che il legislatore del 2022 ha voluto riferirsi, allorquando nell’art 129-bis c.p.p. ha previsto di rimettere all’autorità giudiziaria la “valutazione delle modalità di svolgimento della giustizia riparativa che possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede“; in questo modo, ha attribuito al giudicante il compito di superare l’astratta fattispecie penale contenuta nel capo di imputazione e di operare una valutazione in concreto degli effetti del reato sia sui singoli che sulla comunità portatrice di interessi violati in concreto».

Tali rilievi – si conclude – «portano a ritenere illegittimo il provvedimento reclamato (con il quale si era negato l’accesso ai programmi di giustizia riparativa, ndr), perché questo si fonda su una valutazione astratta del mero titolo di reato che – come detto – è soltanto uno dei presupposti per l’applicazione in concreto dell’istituto della giustizia riparativa».

Redazione Giurisprudenza Penale

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