Processo Regeni: la Corte di Assise di Roma si pronuncia sul’art. 729-bis c.p.p. (“acquisizione di atti e informazioni da autorità straniere”).
Corte di Assise di Roma, Sez. I, Ordinanza, 6 giugno 2025
Presidente dott.ssa Paola Roja, Giudice dott.ssa Paola Della Vecchia
Segnaliamo ai lettori, con riferimento al processo Regeni, l’ordinanza con cui la Corte di Assise di Roma si è pronunciata su una richiesta di acquisizione documentale formulata dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 729-bis c.p.p. (“Acquisizione di atti e informazioni da autorità straniere“).
Più nel dettaglio, la richiesta aveva ad oggetto documentazione spontaneamente trasmessa in lingua araba dalla Procura Generale de “Il Cairo” – in occasione di un incontro che si era svolto a Roma in data 5 novembre 2020 tra la delegazione egiziana e quella italiana – corredata sia da una relazione di servizio (redatta, come ha specificato il P.M. all’udienza del 27 maggio 2025, quale “dossier riassuntivo di quanto accaduto in occasione di tale incontro”), sia di alcune slides concernenti i “Risultati delle indagini svolte in Italia” sul “Sequestro, tortura e omicidio di Giulio Regeni, cittadino italiano” (slides realizzate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma e proiettate in quell’occasione).
Ai sensi dell’art. 729-bis c.p.p. – si legge nell’ordinanza – “la documentazione relativa ad “atti e informazioni” spontaneamente trasmessi dall’Autorità di altro Stato può essere acquisita purché in osservanza delle eventuali condizioni poste dall’Autorità trasmittente in merito alla loro utilizzabilità“.
In generale, “nel sistema non sono ravvisabili divieti circa l’utilizzo di informazioni trasmesse da Autorità amministrative estere, al di fuori di formali procedure di rogatoria internazionale: in giurisprudenza, infatti, si è precisato che è legittima l’acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti di provenienza estera di natura amministrativa, compiuti al di fuori di qualsiasi indagine penale e, come tali, non sottoposti al regime delle rogatorie internazionali“. Sono state altresì ritenute utilizzabili dal giudice italiano – prosegue la Corte di Assise citando sempre la giurisprudenza – “le informative redatte dalla polizia estera e da questa consegnate direttamente ad autorità di polizia italiane, al di fuori di procedure formali di rogatoria, attese l’assenza di divieti di legge e la conformità di tale prassi alla consuetudine internazionale“.
Con specifico riguardo alla prova documentale in esame, “risulta significativa la previsione dettata dall’art. 234-bis c.p.p. che, in termini generali, dispone: “è sempre consentita l’acquisizione di documenti e dati informatici conservati all’estero, anche diversi da quelli disponibili al pubblico, previo consenso, in quest’ultimo caso, del legittimo titolare“. Piuttosto – prosegue l’ordinanza – “un limite di carattere generale all’utilizzabilità degli atti trasmessi da un’autorità amministrativa al di fuori di procedure di rogatoria è costituito dai principi relativi alla necessità della formazione della prova in contraddittorio: si tratta, infatti, di limiti derivanti innanzitutto dalle prescrizioni di cui all’art. 111 Cost., la cui violazione comporta la conseguenza dell’inutilizzabilità (anche) per le espresse previsioni di cui all’art. 526, co. 1 e 1-bis, c.p.p., oltre che in applicazione della disposizione generale di cui all’art. 191 c.p.p.“.
Ciò premesso, ad avviso della Corte di Assise “nella specie, la documentazione oggetto della richiesta del P.M. non costituisce né un documento rappresentativo di una situazione di fatto, certamente acquisibile ai sensi dell’art. 234-bis c.p.p., né risulta riconducibile alle categorie degli “atti e informazioni’, ai sensi dell’art. 729-bis c.p.p.: nozioni che fanno riferimento a concetti tipici e tipizzati nel codice di procedura penale, e non già ad accezioni comuni o generiche, alla luce dei quali i documenti in oggetto vanno vagliati“.
In particolare, “si esclude che la documentazione rientri nel concetto di “informazioni”, dal momento che non contiene dati informativi forniti dall’Autorità amministrativa o da altra Autorità (si pensi alle informazioni di carattere bancario o finanziario); né può qualificarsi come informativa di Polizia Giudiziaria, fondata comunque su elementi oggettivi e verificabili, funzionali alla ricostruzione di un determinato evento e dell’individuazione dei suoi autori“.
In realtà, infatti, “si tratta di veri e propri riassunti di quanto hanno dichiarato gli odierni imputati in sede di “interrogatorio” dinanzi alle Autorità egiziane: quanto riportato, oltre che essere de relato, non riporta alcuna specificazione riguardo la data in cui sono state rese tali dichiarazioni né le modalità con cui sono state assunte. Inoltre, non è neppure enucleabile una parte meramente descrittiva e di carattere oggettivo che, in ipotesi, potrebbe rientrare nel concetto di “informazioni”, dal momento che complessivamente si tratta di rielaborazioni realizzate dal dichiarante rispetto all’ evento per cui è processo ovvero al dichiarato coinvolgimento e ruolo di altri soggetti“.
Deve, conseguentemente, “ravvisarsi un aggiramento della normativa codicistica in quanto il P.M. avrebbe potuto, piuttosto, produrre i verbali di interrogatorio resi dagli odierni imputati dinanzi alle Autorità egiziane, chiedendone l’acquisizione ai sensi dell’art. 513 c.p.p. In tale diversa ipotesi, infatti, questa Corte avrebbe potuto e dovuto preliminarmente valutare, come osservato nell’ordinanza letta all’udienza del 27 maggio 2025, il rispetto o meno dei principi generali dell’ordinamento italiano e di quello egiziano al momento della loro assunzione, condizione essenziale per l’acquisizione degli “interrogatori” resi dagli imputati nel corso delle indagini, ai sensi della diversa disposizione codicistica di cui all’art. 513 c.p.p., norma che, tra l’altro, avrebbe consentito alle Difese degli altri imputati di impedirne l’utilizzabilità nei confronti del proprio assistito“.