Il nuovo disegno di legge in materia di suicidio medicalmente assistito: come può uno scoglio arginare il mare?
in Giurisprudenza Penale Web, 2025, 7-8 – ISSN 2499-846X
Le Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali del Senato, lo scorso 2 luglio, hanno approvato, con il voto contrario delle opposizioni, il testo base in materia di fine vita, proposto dai relatori di maggioranza Pierantonio Zanettin (Forza Italia) e Ignazio Zullo (Fratelli d’Italia). Il termine per presentare emendamenti è fissato all’8 luglio, mentre il provvedimento dovrebbe arrivare in aula il 17 luglio.
Dopo anni di compromessi mancati e di conseguente immobilismo del legislatore, non passa certo inosservata l’accelerazione dell’iter parlamentare, con il dichiarato intento di “dare esecuzione” alla sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale, ma, di fatto, discostandosi in maniera vistosa da quel “contenuto minimo” individuato (e rivendicato) dal Giudice delle Leggi.
Presso la Corte costituzionale, pare opportuno precisarlo, è da poco pendente una questione relativa all’art. 579 c.p. (omicidio del consenziente), dal cui accoglimento deriverebbe una estensione dei contorni della morte volontaria medicalmente assistita (e penalmente irrilevante): dal suicidio assistito ai trattamenti eutanasici in senso stretto. A venire in considerazione, infatti, è la condizione di chi, materialmente impossibilitato ad assumere autonomamente il farmaco letale e sussistendo le altre condizioni richieste dalla sentenza n. 242 del 2019 (patologia irreversibile fonte di sofferenze che il paziente reputi intollerabili, persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale), richieda che la somministrazione del farmaco stesso avvenga manu aliena, da parte di un medico.
La giurisprudenza “getta il cuore oltre l’ostacolo”, seguendo l’effetto domino imposto dal principio di ragionevolezza. Il legislatore risponde costruendo ostacoli nuovi, che con la ragionevolezza, in effetti, sembrano avere poco a che vedere.
Da una prima lettura dei quattro articoli di cui si compone il disegno di legge emergono almeno cinque aspetti problematici: 1) l’enfatica affermazione del carattere inviolabile e indisponibile del diritto alla vita e, per contro, il mancato riferimento all’autodeterminazione terapeutica; 2) l’estromissione del Servizio Sanitario Nazionale; 3) la necessità che la richiesta di suicidio provenga da una persona inserita nel percorso di cure palliative e 4) tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali; 5) il ruolo del Comitato nazionale di valutazione.
Come citare il contributo in una bibliografia:
A. Massaro, Il nuovo disegno di legge in materia di suicidio medicalmente assistito: come può uno scoglio arginare il mare?, in Giurisprudenza Penale Web, 2025, 7-8