La Cassazione si pronuncia in tema di peculato e riparazione pecuniaria (art. 322-quater c.p.) nel caso di risarcimento del danno
Cassazione Penale, Sez. VI, 25 luglio 2025 (ud. 21 maggio 2025), n. 27422
Presidente De Amicis, Relatore D’Arcangelo
Segnaliamo ai lettori, in tema di reati contro la PA, la sentenza con cui la sesta sezione penale della Corte di cassazione, procedendo ad un’interpretazione “costituzionalmente orientata” dell’art. 322-quater c.p., ha affermato che, in tema di peculato, la riparazione pecuniaria non è dovuta nel caso in cui, all’atto della pronunzia della sentenza di condanna, risulta che l’imputato abbia medio tempore risarcito il danno cagionato dalla condotta illecita.
Dopo aver ricordato che, “per espressa volontà del legislatore, l’obbligo della riparazione pecuniaria non esclude di per sé la condanna dell’imputato al risarcimento del danno nei confronti delle eventuali parti civili costituite, ma anzi si cumula allo stesso“, i giudici hanno evidenziato che tale “previsione necessita di essere interpretata in senso costituzionalmente orientato proprio per scongiurare il rischio di duplicazioni nel ristoro della persona offesa denunciato dai difensori della ricorrente e la violazione del divieto di ingiustificato arricchimento“.
Ritiene il Collegio – “che la riparazione pecuniaria non sia dovuta quando l’imputato abbia medio tempore risarcito il danno cagionato dalla condotta illecita: la determinazione del profitto lucrato dal condannato ai fini dell’applicazione dell’art. 322-quater cod. pen., deve, infatti, essere operata al momento della pronuncia della sentenza, con riferimento al profitto “attuale” al momento della sua applicazione e, dunque, al netto delle restituzioni medio tempore poste in essere dal reo in favore della vittima e da questa accettate, scorporando quella parte di utilità non più costituente illecito accrescimento patrimoniale“.
A questa interpretazione – si conclude – “non osta la clausola finale della disposizione di cui all’art. 322-quater cod. pen. («restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno»): questo inciso, infatti, non impone, come ritenuto dalla Corte di appello, una generalizzata duplicazione della riparazione pecuniaria e del risarcimento del danno quando il danno all’atto della pronuncia della sentenza di condanna sia stato già integralmente risarcito, in quanto questo esito si porrebbe in insanabile e irragionevole contrasto con il divieto di ingiustificato arricchimento“.