Sequestro impeditivo e nesso di pertinenzialità: la sentenza della Cassazione sui sequestri disposti nel procedimento per il crollo del cantiere Esselunga di Firenze
Cassazione Penale, Sez. I, 1° ottobre 2025 (ud. 17 settembre 2025), n. 32491
Presidente Rocchi, Relatore Zoncu
Segnaliamo ai lettori, con riferimento al procedimento per il crollo dell’Esselunga di Firenze, la sentenza con cui la prima sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata sui sequestri disposti nei confronti di alcune delle società coinvolte.
La Corte prende le mosse ricordando come “per il sequestro preventivo sia necessaria la sussistenza del requisito della pertinenzialità del bene sequestrato, nel senso che il bene oggetto di sequestro preventivo deve caratterizzarsi da una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso, non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale tra la “res” ed il reato commesso. Il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa sequestrata; non, invece, un collegamento tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del sequestro anche le cose in proprietà di terzo estraneo, se la loro libera disponibilità possa favorire la prosecuzione del reato stesso“.
I giudici proseguono osservando come, “è proprio in ragione del necessario collegamento fra la cosa e il reato – e non già fra la cosa e il suo autore – che è astrattamente possibile, come accaduto nel caso di specie, disporre il sequestro impeditivo di beni di pertinenza di un soggetto diverso dall’indagato: ma ciò soltanto nella misura in cui vi sia un evidente legame fra detta cosa e il reato per cui si procede”.
E’ proprio in ragione di tale rapporto strutturale fra la res sequestranda e il reato commesso – si legge nella pronuncia – “che si realizza lo scopo preventivo della misura, che consiste nell’evitare che vengano protratte o aggravate le conseguenze di quel reato, ovvero che la libera disponibilità di quel bene possa portare alla commissione di ulteriori reati: non di qualunque tipo di reati, ovviamente, ma del tipo di quello per cui si procede, in conseguenza della pertinenzialità del bene rispetto a quel particolare reato. Il potere di disporre il sequestro di un oggetto ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen. ricorre quando la libera disponibilità di una cosa possa agevolare la commissione di altri reati della stessa specie, ma tale pericolo deve essere inteso non come una astratta mera eventualità, ma in senso oggettivo, come concreta possibilità, desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto, che il bene assuma carattere strumentale rispetto alla suddetta agevolazione“.
Ciò premesso, “ciò che i provvedimenti genetici e il provvedimento impugnato avrebbero dovuto specificamente evidenziare è il legame di pertinenzialità e di connessione concreta tra i beni oggetto del sequestro ed il reato oggetto del procedimento; si ribadisce, non con qualunque altro reato, poiché la funzione preventiva non può essere valutata in senso astratto, cioè nell’ottica di una generale prevenzione, in quanto ciò imporrebbe un sacrificio alla libera disponibilità del bene non connotato da concretezza e attualità, ma basato su una mera ipotesi“.
Ciò chiarito – prosegue la sentenza – se, da un lato, il provvedimento è puntuale circa il nesso di pertinenzialità fra una delle aziende coinvolte e il reato, dall’altro, è “del tutto carente la motivazione relativa al nesso di pertinenzialità fra l’altra azienda coinvolta e il reato“.
Il provvedimento genetico “sottolinea le vicende societarie delle due società e il fatto che l’indagato sia legale rappresentante di entrambe“, ribadendo, tra gli altri aspetti, che “vi sono elementi per ritenere la stretta connessione fra l’operatività di delle due società e per ritenere che tali imprese siano diretta emanazione della famiglia imprenditoriale“.
L’orizzonte del provvedimento – proseguono i giudici di legittimità – “si sposta, quindi, ad un piano preventivo prognostico: si afferma che, senza il vincolo cautelare imposto ad entrambe le aziende, vi è il rischio che le commesse della controllata passino alla controllante con una pressione sulla stessa ancora maggiore e con gravi rischi per l’incolumità individuale e pubblica. Il provvedimento impugnato sul punto sostiene che la necessità del sequestro disposto nei confronti di una delle società discende dal fatto che la stessa sia società controllante dell’altra, ma soprattutto perché la società è riconducibile al medesimo imprenditore e ai suoi familiari“.
Dunque, “errando, il provvedimento individua la pertinenzialità del bene come legame fra l’indagato e la res piuttosto che, come corretto, fra la res e il reato, tanto è vero che nessun accenno viene fatto al necessario vincolo strutturale che deve sussistere, come più sopra ampiamente ricordato in ragione degli arresti di questa Corte, fra il bene sequestrando e il reato per cui si procede“.
Né – prosegue la pronuncia – “il nesso di pertinenzialità può essere sostituito dalla mera finalità preventiva, come accade nei provvedimenti genetici, con i quali è stato disposto il sequestro sia del complesso dei beni aziendali delle due società, non ritenendosi sufficiente, al fine di evitare di agevolare la commissione di ulteriori reati, imporre il vincolo solo sui beni e ritenendosi necessario il vincolo sullo strumento societario stesso: infatti (cfr. pag. 18 del decreto del 12 febbraio 2025 e pagg 23 e segg. del provvedimento impugnato), si sottolinea come il mero sequestro delle aziende non sia sufficiente a salvaguardare le esigenze cautelari, stante le condotte tenute dalla famiglia volte a mantenere la gestione e direzione delle società in maniera del tutto identica a quanto fatto in precedenza al crollo“.
In buona sostanza – conclude la sentenza – la società di cui si discute, “pur essendo un soggetto giuridico distinto dall’altra società, viene ritenuto, nel provvedimento impugnato e nei provvedimenti genetici, una ulteriore emanazione dell’indagato, tanto è vero – e questa è una delle ragioni per cui le iniziative impeditive sono state estese anche a tale soggetto giuridico – che l’ufficio tecnico e i professionisti che operano erano i medesimi per entrambe le società. Ma, al di là di questo intento, ampiamente illustrato, la motivazione è del tutto silente sul collegamento strutturale fra il reato e il complesso aziendale della società, ovvero fra il reato e le quote societarie della stessa e dell’altra società“.
Nemmeno “viene in alcun modo spiegato, al di là della finalità preventiva del sequestro – che è chiarissima – come si atteggi il primo termine della questione, vale a dire quale pertinenza tali ulteriori beni abbiano rispetto al reato per cui si procede, in quanto il legame pertinenziale è individuato fra i beni e l’indagato“.