MAE e riqualificazione giuridica del fatto da parte dello Stato di esecuzione: la sentenza della Cassazione nel caso Nord Stream
Cassazione Penale, Sez. VI, 16 ottobre 2025, n. 34047
Presidente Di Stefano, Relatore Giordano
Segnaliamo ai lettori, con riferimento al caso del gasdotto Nord Stream, la sentenza con cui la sesta sezione penale della Corte di cassazione ha annullato con rinvio la decisione con cui la Corte di Appello di Bologna aveva disposto la consegna all’autorità giudiziaria tedesca di un cittadino ucraino (sottoposto ad indagini nella Repubblica federale della Germania per il reato di sabotaggio anticostituzionale, provocazione dolosa di un’esplosione tramite ordigni esplosivi e distruzione di opere pubbliche, reati commessi dall’8 al 26 settembre 2022 in Lubmin e nelle acque internazionali del Mar Baltico).
Nel caso di specie – si legge nella sentenza – “la partecipazione a distanza era stata disposta per motivi riconducibili al regime penitenziario applicabile al consegnando, cioè l’assegnazione al regime di “alta sorveglianza” in relazione al reato di cui all’art. 280-bis cod. pen., reato in cui, secondo la Corte di appello, poteva essere inquadrato il reato di sabotaggio posto a base del mandato di arresto della Suprema Corte Federale di Cassazione Bundesgerichthof e che, quale reato aggravato dalla finalità di terrorismo, anche contro stati stranieri, giustificava, con riferimento al regime carcerario, quello di “alta sorveglianza” e la partecipazione a distanza, attraverso videoconferenza, con riferimento alla modalità di partecipazione alla procedura camerale, ai sensi dell’art. 45-bis, comma 1, cit.“.
Qualora il reato rientri nella elencazione che dà luogo alla consegna indipendentemente dalla doppia incriminazione – affermano i giudici di legittimità – “per un verso, non occorre che le condotte debbano essere inquadrate in una specifica disposizione incriminatrice del diritto interno dello Stato richiesto e, per altro verso, l’Autorità Giudiziaria – a cui è rivolta la richiesta di consegna – è vincolata alla valutazione effettuata dall’autorità dello Stato emittente per quanto concerne la questione se il reato rientri in una delle categorie di reati che figurano nell’elenco“.
Ne consegue che se, “sulla base di tali coordinate normative, l’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione “deve” recepire la classificazione del reato operata dallo Stato di emissione del mandato di arresto ai fini della valutazione dei presupposti per la consegna obbligatoria, non residua alcuno spazio di valutazione della qualificazione giuridica del fatto per cui il mandato è stato emesso né nella fase della fase di valutazione della consegna, né nella fase della convalida e cautelare a quella strumentale e che della prima mutua i presupposti“.
Nel caso in esame – proseguono i giudici – “l’operazione ermeneutica compiuta dalla Corte di appello trasmoda in una vera e propria operazione di riqualificazione giuridica del fatto sussunto in una fattispecie incriminatrice, quella di cui all’art. 280-bis cod. pen. che risulta del tutto eccentrica rispetto alla qualificazione del fatto posta a base del mandato di arresto europeo della Suprema Corte federale di Cassazione Bundesgerichthof della Germania“.
In materia di consegna obbligatoria “è, dunque, necessario e sufficiente che il fatto – per come in concreto descritto – corrisponda sul piano qualificatorio ad una delle ipotesi di consegna previste dalla legge“.
La Corte di appello ha, dunque, “manifestamente ecceduto nella verifica della sussumibilità del fatto in una fattispecie legale” e ha “proceduto alla qualificazione giuridica del fatto attraverso il riferimento ad una disposizione incriminatrice di diritto interno – l’art. 280-bis cod. pen.- non rispettando la valutazione effettuata dall’autorità dello Stato emittente nell’inquadramento del reato in una delle categorie di reati che figurano nell’elenco di cui all’art. 2, pgf.2 cit., cioè il sabotaggio; erronea qualificazione che ha determinato, sul piano della costituzione del rapporto processuale, il ricorso alla trattazione dell’udienza in videoconferenza non consentito in relazione al reato oggetto del mandato di arresto: la Corte doveva, invece, limitarsi alla verifica se il reato di sabotaggio rientri nella elencazione che dà luogo alla consegna obbligatoria, indipendentemente dalla doppia incriminazione“.