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Ordine di demolizione del manufatto abusivo: natura giuridica e rapporti con l’istituto della prescrizione

in Giurisprudenza Penale Web, 2016, 12 – ISSN 2499-846X

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Cassazione penale, sez. III, 4 ottobre 2016 (ud. 3 maggio 2016), n. 41475
Presidente Ramacci, Relatore Riccardi

La Massima

L’ordine di demolizione dell’opera abusiva, disciplinato dagli articoli 27 e ss. del Testo Unico Edilizia (d.lgs. 380/2001) si qualifica in termini di sanzione amministrativa, non essendo ad esso pertinenti gli indici sintomatici della natura di norma ontologicamente penale elaborati dalla Corte EDU; pertanto non può applicarsi analogicamente all’istituto l’art. 173 c.p., che disciplina la prescrizione dell’arresto e dell’ammenda, né sotto il profilo dell’analogia legis, né sotto quello dell’analogia iuris [Massima redazionale]

Il Commento

1. La pronuncia in epigrafe si colloca nel solco giurisprudenziale attinente all’analisi della natura giuridica del provvedimento di demolizione di cui agli articoli 27 e seguenti del Testo Unico in materia edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380). Con essa, la Suprema Corte ribadisce la natura amministrativa della sanzione in parola, dichiarando al contempo inammissibile il ricorso esperito dal reo contro l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione il quale aveva, a propria volta, rigettato l’istanza di sospensione della demolizione, previamente avanzata dal ricorrente.

Avverso tale provvedimento di rigetto, quale doglianza di particolare interesse in questa sede, il ricorrente avanza una pretesa incostituzionalità della disciplina di cui al richiamato Testo Unico (per conflitto con l’art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza), in quanto esso non prevede un termine di prescrizione per l’ordine di demolizione.

Nel dichiarare infondato il suindicato motivo di ricorso, la Terza Sezione ripercorre lo stato dell’arte con riferimento alla natura giuridica della demolizione, superando la tesi della natura penale della stessa e confermandone l’ontologia prettamente amministrativa.

Invero, si dà atto di una impostazione ermeneutica minoritaria, sostenuta dal Tribunale di Asti (Trib. Asti, ordinanza 3 novembre 2014, Delorier), il quale ha ritenuto che l’ordine di demolizione abbia natura intrinsecamente penale, facendo applicazione dei principi a tal fine elaborati dalla giurisprudenza di Strasburgo: la pertinenzialità rispetto ad un reato (nel nostro caso, l’abuso edilizio), l’adozione da parte del giudice penale (ai sensi dell’art. 31 co. 9 T.U. cit.), la gravità della sanzione (che infatti incide pesantemente sul diritto abitativo) e la sua finalità repressiva. Sulla scorta dei rinvenuti indici sintomatici della c.d. “norma intrinsecamente penale”, il giudice di merito ha applicato l’art. 173 c.p., ritenendo che l’ordine di demolizione si estingue ove non portato a termine entro cinque anni.

2. Tuttavia – statuisce il Giudice della Nomofilachia – non è in realtà rinvenibile alcuno dei requisiti innanzi esposti, e ciò si deduce da un’attenta lettura degli artt. 27 e ss. T.U. cit., i quali prevedono:

  • all’art. 27 co. 2, che «Il dirigente o il responsabile, quando accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi».
  • all’art. 31 commi 2 e 3, che «Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita».
  • all’art. 31 commi 4-bis e 4-ter, che «L’autorità competente, constatata l’inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente. I proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico».
  • all’art. 31 co. 5, che «L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico».
  • all’art. 31 commi 8 e 9, che «In caso d’inerzia, protrattasi per quindici giorni dalla data di constatazione della inosservanza delle disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 27, ovvero protrattasi oltre il termine stabilito dal comma 3 del medesimo articolo 27, il competente organo regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla competente autorità giudiziaria ai fini dell’esercizio dell’azione penale. Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita».

3. I distillati giuridici che si ottengono da un’accurata analisi delle norme che precedono, e che riportano l’interprete verso la collocazione dell’ordine di demolizione tra le sanzioni amministrative, sono così riassumibili:

  1. Non vi è pertinenzialità tra ordine di demolizione e reato. L’ordine di demolizione prescinde, infatti, dall’accertamento della responsabilità penale, in quanto l’organo amministrativo può autonomamente provvedere alla demolizione o ingiungerla al responsabile, sulla base dell’acclarata presenza di un’opera abusiva sul territorio e senza che sia necessario transitare per un giudizio penale che accerti la consumazione del reato.
  2. La suscettibilità di provenire dal giudice penale non rende l’ordine di demolizione una sanzione penale. Si ritiene che la possibilità riconosciuta al giudice penale di ordinare la demolizione non valga a farle mutare veste giuridica (da sanzione amministrativa a sanzione penale), atteso che tale potere in capo al giudicante è semplicemente “alternativo” a quello attribuito all’organo amministrativo (ciò si evince dalla clausola «se ancora non sia stata altrimenti eseguita», di cui all’art. 31 co. 9 cit.), ed è giustificata da una esigenza di «celerità ed effettività del procedimento di esecuzione della demolizione».
  3. L’ordine di demolizione non ha finalità repressivo-dissuasiva. La funzione ad esso connaturata è quella ripristinatoria del corretto assetto territoriale violato dall’abuso edilizio; allo stesso modo, si riconosce all’acquisizione del bene alla mano pubblica e alle sanzioni pecuniarie (art. 31 commi 3, 4-bis e 4-ter, citt.) una valenza riparatoria dell’interesse pubblico leso.
  4. Alle primarie considerazioni che precedono, si aggiunge la revocabilità dell’ordine di demolizione allorquando divenga incompatibile con provvedimenti amministrativi di diverso tenore (Conf. Cass. pen., sez. III, 21 ottobre 2014, n. 47402, in C.E.D. Cass., n. 260972) e nel caso in cui lo richieda la tutela di “prevalenti interessi pubblici” (cfr. art. 31 comma 5, cit.), carattere che al contrario non qualifica la sanzione penale, che è per natura irretrattabile.

4. In virtù delle suesposte argomentazioni attinenti alla natura amministrativa dell’ordine di demolizione, la Corte di Cassazione ritiene inefficace ogni tentativo di interpretare analogicamente l’art. 173 cod. pen. (che disciplina la prescrittibilità delle pene dell’arresto e dell’ammenda), sia sotto il profilo dell’analogia legis, che sotto quello dell’analogia iuris.

La prima tipologia di interpretazione analogica viene inequivocabilmente ostacolata, innanzitutto, dalla insussistenza della lacuna normativa, poiché, se è vero che l’ordine di demolizione è una sanzione amministrativa, non può revocarsi in dubbio che la scelta se assoggettare le sanzioni amministrative a prescrizione rientra nella discrezionalità legislativa, non potendosi pertanto definire la mancanza di una siffatta disciplina una “lacuna normativa”.

In secondo luogo, la Corte di legittimità rinviene il difetto della eadem ratio, reso palese dalla diversità di natura e di funzione della pena, da un lato, e dell’ordine di demolizione (che è sanzione amministrativa), dall’altro. Mentre la pena ha una finalità repressivo/dissuasiva, la sanzione amministrativa rappresentata nello specifico dall’ordine di demolizione conserva uno scopo ripristinatorio dell’ordinato assetto territoriale: pertanto non si forma, con riferimento all’ordine di demolizione, l’interesse individuale all’oblio, che invece emerge con riguardo alla sanzione penale e che si pone a fondamento dell’istituto della prescrizione della stessa.

In terzo luogo, in linea con gli insegnamenti dottrinali, l’art. 173 c.p., che configura una causa di estinzione della pena, acquista la natura di norma eccezionale insuscettibile di applicazione analogica ai sensi dell’art. 14 delle Preleggi, natura che si desume dallo specifico ambito applicativo della disposizione, che comprende le pene principali ma non quelle accessorie, non potendo dunque assumere i tratti di una norma “generale”.

Vero quanto sopra, i Giudici di Piazza Cavour escludono altresì la possibilità per l’interprete di applicare l’art. 173 cit. con l’ausilio della analogia iuris, ciò in quanto l’art. 12 delle Preleggi consente tale operazione ermeneutica solo qualora: 1) non si riesca ad attuare l’analogia legis per l’effettiva irreperibilità di una norma che regoli casi analoghi; 2) si rinvenga un principio generale dell’ordinamento in grado di disciplinare il caso pratico rimasto dubbio.

Ebbene, per quanto qui di rilievo, l’analogia iuris costituisce una fase esegetica eventuale, succedanea rispetto all’accertata impraticabilità dell’analogia legis, di cui deve a monte sussistere il presupposto fondamentale, i.e. la lacuna normativa, tuttavia divenendo conseguentemente impossibile reperire una norma idonea a disciplinare casi analoghi a quello sfornito di regolamentazione. E’ pertanto evidente che l’assenza della lacuna normativa ostacola a monte l’attuazione dell’analogia legis e, secondo una logica “a cascata”, dell’analogia iuris. Nondimeno, pur volendo astrattamente ritenere che la lacuna normativa sia perfettamente integrata e che non si rinvenga una norma regolante casi analoghi, deve ad ogni modo escludersi che l’estinzione di una sanzione (sia essa amministrativa o penale) per decorso del tempo costituisca un principio generale dell’ordinamento.

Come citare il contributo in una bibliografia:
F. Lombardi, Ordine di demolizione del manufatto abusivo: natura giuridica e rapporti con l’istituto della prescrizione, in Giurisprudenza Penale Web, 2016, 12