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Trust e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte: una pronuncia assolutoria

in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 1 – ISSN 2499-846X

di Mattia Miglio e Francesco Pesce

Tribunale di Roma, Sez. IX, 16 ottobre 2018 (ud. 18 luglio 2018), n. 10972
Giudice dott.ssa V. Valentini

La presente sentenza torna ad affrontare i delicati rapporti tra l’istituto del trust e il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 D.Lgs. 74/2000.

Questa, in estrema sintesi, la vicenda: a valle di una verifica fiscale condotta nei confronti di un artista, la Polizia Tributaria redigeva un processo verbale di constatazione che quantificava un complessivo debito di imposta per un importo pari a oltre 25.000.000 Euro.

Tuttavia, nel corso di tali verifiche, veniva a mancare il contribuente, il quale, prima della verifica fiscale, aveva costituito un trust autodichiarato – che, per inciso, imponeva ai suoi esecutori l’integrale adempimento degli oneri fiscali e tributari – e, allo stesso tempo, aveva dato disposizione ai suoi eredi di conferire al trust le somme di denaro e i rapporti finanziari intestati al contribuente al momento della sua morte. Così, in esecuzione delle ultime volontà, gli eredi del contribuente, divenuti gestori del trust, chiedevano a un istituto di credito romano di intestare al trust le somme di denaro e gli strumenti finanziari riferibili al defunto.

Tuttavia, secondo l’impostazione della Pubblica Accusa, tale ultima condotta configurava “un atto fraudolento idoneo a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura tributaria coattiva” e contestava ai gestori del trust la violazione dell’art. 11 del D.Lgs. 74/2000.

Come si vedrà fra un istante, il Tribunale ha mandato assolti tutti gli imputati con la formula “perché il fatto non sussiste“.

Vediamo da vicino il percorso motivazionale adottato.

In primo luogo, il Tribunale esamina l’elemento materiale del reato contestato, soffermandosi, in particolare, sulla nozione di “atti fraudolenti”.

In conformità coi principi accolti anche dalla più recente dottrina penalistica, il Tribunale afferma che “la norma incriminatrice prevede un reato di pericolo concreto” (in tal senso, si veda, BASSO-VIGLIONE, I nuovi reati tributari, Giappichelli, 2017, p. 155), per poi subito precisare la nozione di “atti fraudolenti”, da intendersi “quali comportamenti che, quand’anche formalmente leciti, siano tuttavia connotati da elementi di inganno o di artificio“.

Prosegue poi il Tribunale: “si deve, cioè, ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali dell’esecuzione, non essendo sufficiente la semplice idoneità dell’atto ad ostacolare l’azione di recupero del bene da parte dell’Erario“.

Quindi, secondo uno schema interpretativo già adottato dalla giurisprudenza sul concetto di atti simulati o fraudolenti di cui all’art. 388 c.p., una lettura conforme al principio di legalità impone di distinguere e di non sovrapporre la nozione di natura fraudolenta degli atti con la loro mera idoneità alla riduzione delle garanzie del credito.

In quest’ottica“, si legge nelle motivazioni, “può essere ritenuto penalmente rilevante solo un atto che si caratterizzi per le modalità tipizzate dalla norma, non potendosi in definitiva far coincidere il suo carattere fraudolento con il fine di vulnerare le legittime aspettative dell’Erario; in particolare, la mera idoneità degli atti ad eludere l’esecuzione esattoriale non può ritenersi di per sé sufficiente a riconoscerne la natura ingannatoria o artificiosa“.

Delineato così il quadro normativo, gli elementi emersi in sede dibattimentale non sono affatto idonei ad integrare il reato qui contestato.

In primis, non vi sono dubbi sulla validità del trust; se certamente, come afferma la Circolare 61/E del 2010, la natura autodichiarata del trust potrebbe (in astratto) dare origine a una struttura interposta – che, in altri termini, potrebbe interporsi in un’ordinaria successione secondo il diritto italiano – d’altro canto, nel caso che ci occupa, tale effetto segregativo è rimasto solo su un piano astratto, non determinando alcuna perdita di controllo dei beni da parte del disponente né portando il Fisco a perdere (o a rendere difficoltosa) ogni possibilità di recupero delle somme dovute dal contribuente.

Infatti, e lo dimostrano gli elementi raccolti in sede dibattimentale, il trust qui oggetto di contestazione era stato costituito dal contribuente in epoca ben anteriore rispetto ai primi accertamenti fiscali e imponeva agli esecutori l’integrale adempimento degli obblighi fiscali (tanto è vero che tramite i procuratori del trust l’amministrazione finanziaria trattava l’adesione all’accertamento e riscuoteva l’integrale pagamento delle somme dovute).

Infine, e si tratta della precisazione (a nostro avviso) più rilevante, nel caso che ci occupa mancherebbe in radice il requisito dell’atto fraudolento: infatti, si legge nelle motivazioni, l’elemento materiale della condotta contestato dalla Pubblica Accusa non è tanto la costituzione del trust – avvenuta, come detto, in epoca antecedente alla verifica fiscale; in altri termini, non è stata affatto contestata la costituzione del trust come struttura fittizia o costruzione artificiosa.

Piuttosto, l’odierna contestazione riguarda “l’attività dei trustees di attuazione delle disposizioni mortis causa contenute nel negozio, sotto forma di intestazione di conto corrente e titoli in capo al trust, secondo le ultime volontà del defunto“; una condotta che – ben lontana dall’essere un artificio, un inganno o un ostacolo alla procedura di riscossione da parte dell’Erario (all’epoca, peraltro, ancora embrionale e in fase di definizione) – si è limitata “al mero adeguamento della realtà formale a quella giuridica […] realtà giuridica non fittizia“.

In definitiva, una condotta priva dei requisiti di fraudolenza e quindi penalmente irrilevante, anche se “astrattamente” idonea “a rendere maggiormente difficoltose le azioni di recupero“.

Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Miglio – F. Pesce, Trust e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte: una pronuncia assolutoria, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 1