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Sul concorso esterno da parte dell’avvocato “consigliori” della associazione mafiosa

Cassazione Penale, Sez. II, 29 aprile 2014 (ud. 25 marzo 2014), n. 17894
Presidente Esposito, Relatore Rago

Si segnala alla attenzione dei lettori la pronuncia numero 17894, depositata il 29 aprile 2014, con la quale i giudici della seconda sezione hanno affrontato il tema relativo alla responsabilità penale – a titolo di concorso esterno o di partecipazione alla associazione mafiosa – da riconoscere in capo all’avvocato che, senza limitarsi a fornire al proprio cliente-associato consigli o pareri mantenendosi nell’ambito della legalità, abbia assicurato alla associazione un’assistenza tecnico-legale finalizzata a suggerire sistemi e modalità di elusione fraudolenta della legge.

Occorre distinguere – affermano i giudici – tra attività professionale lecita ed attività professionale illecita.

E’ lecita quella attività in cui l’avvocato, senza lasciarsi coinvolgere nella attività del cliente, si limiti a fornirgli consigli, pareri e assistenza – sia per i fatti compiuti sia per attività che intenda compiere in futuro – che si mantengano nell’ambito del lecito e del consentito dalle leggi.

E’ illecita quella in cui il professionista si lascia coinvolgere in prima persona nella attività del cliente mafioso, abdica al suo ruolo e diventa un socio in quella attività. In tal caso l’avvocato, pur non partecipando in prima persona all’attività del cliente mafioso, fornisce consigli, pareri ed assistenza contra legem e, da “consigliere” si trasforma in “consigliori”, ossia in un consigliere di fiducia della associazione mafiosa con il compito – in quanto esperto di leggi e meccanismi finanziari – di suggerire sistemi e modalità di elusione fraudolenti, sicchè risponde di concorso (interno o esterno a seconda delle concrete situazioni) in associazione mafiosa.

Tale ultima attività, infatti, va stigmatizzata con forza, perché tutti i sistemi di elusione, di riciclaggio ed infiltrazione mafiosa nella società civile, sono resi possibili anche grazie alle sofisticate consulenze di questi oscuri “consigliori” ai quali la mafia – spesso per motivi dovuti proprio alla mancanza delle conoscenze giuridiche o finanziarie necessarie – si rivolge e che, in cambio di facile ricchezza, sono pronti a colludere e tradire la propria professione contribuendo, così, in modo determinante a far raggiungere alle cosche mafiose gli obiettivi di rinforzarsi e penetrare nei gangli vitali della società civile.

Questo, in conclusione, il principio di diritto affermato dalla Corte (v. pag. 95 punto 3.4 delle motivazioni):

«Il “consigliori” è il consigliere di fiducia della associazione mafiosa con il compito, in quanto esperto di leggi e di finanza, di suggerire sistemi e modalità di elusione fraudolenti. Di conseguenza, risponde di concorso (interno o esterno a seconda delle concrete situazioni) in associazione mafiosa l’avvocato che, lasciandosi coinvolgere nella attività del cliente mafioso, abdica al suo ruolo e, o diventando socio in quella attività, o fornendo consigli, pareri e assistenza contra legem, contribuisce con quella sua attività alla conservazione, rafforzamento e realizzazione del programma criminoso dell’associazione mafiosa».

Redazione Giurisprudenza Penale

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