ARTICOLICONTRIBUTIDIRITTO PROCESSUALE PENALEIN PRIMO PIANOMisure cautelari

Ammesso il sequestro preventivo di un blog in caso di diffamazione. Non è “stampa”.

in Giurisprudenza Penale Web, 2016, 5

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Cassazione Penale, Sez. V, 24 marzo 2016 (ud. 25 febbraio 2016), n. 12536
Presidente Nappi, Relatore Caputo, P.G. Fimiani

Nella sentenza in esame, la Suprema Corte è nuovamente intervenuta sul tema della diffamazione a mezzo stampa, affermando che i nuovi mezzi di comunicazione quali forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list e social network, in quanto non registrati e non aventi un direttore responsabile non rientrano nel concetto di “stampa”. Ne segue che gli stessi ben possono essere oggetto di sequestro preventivo, non godendo affatto delle garanzie costituzionali a tutela della manifestazione del pensiero, di cui – invece – godono i mezzi di comunicazione registrati.

La vicenda da cui il caso trae origine è quella di un giornalista-blogger, titolare di un sito internet, condannato dal Tribunale di Parma per aver commesso il reato di cui all’art. 595, primo e terzo comma, C.p. pubblicando nel proprio sito scritti dal contenuto altamente offensivo e denigratorio ai danni di due distinte persone offese.

Nel corso della fase dibattimentale era stato disposto il sequestro preventivo dell’intero sito web sia allo scopo di far cessare con effetto immediato le conseguenze dannose derivanti dalle condotte illecite poste in essere dall’imputato, sia al fine di evitare la reiterazione del reato. Il provvedimento in questione era stato, poi, oggetto di revisione da parte del Tribunale che, in modifica della statuizione precedente, aveva confermato la misura reale disposta limitatamente alle sole pagine contenenti riferimenti diretti o indiretti alle persone offese e ordinato il dissequestro con riguardo a tutte le altre pagine del sito.

Concluso il giudizio di primo grado, il blogger aveva – tuttavia –  proceduto alla ripubblicazione degli stessi scritti denigratori per i quali egli era già stato condannato e il Tribunale, in accoglimento dell’istanza presentata dalla persona offesa, aveva ancora una volta disposto il sequestro integrale del sito, ritenendone, a questo punto, insufficiente il semplice oscuramento parziale.

La richiesta di riesame prontamente avanzata dal blogger era, quindi, stata rigettata dal Tribunale di Parma e avverso tale ordinanza di rigetto, lo stesso aveva proposto ricorso per cassazione, denunciando l’erronea qualificazione da parte del Giudice del sito sequestrato: esso – secondo l’opzione ermeneutica suggerita dalla difesa –  benché composto al suo interno anche da sezioni in pieno stile “blog”, ben avrebbe potuto, in ragione delle numerose sezioni dedicate all’attività giornalistica, essere ricondotto al concetto di “testata giornalistica telematica”, godendo così delle garanzie che la nostra Costituzione riserva alla stampa in tema di sequestro preventivo.

La Suprema Corte, ritenendo del tutto prive di fondamento le censure mosse dal ricorrente, ha rigettato il ricorso proposto dal blogger, confermando la statuizione originariamente emessa dal Tribunale di Parma.

In particolare, le argomentazioni svolte in motivazione dalla Corte ruotano tutte intorno alla nozione di “stampa” di cui all’art. 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 e alla interpretazione evolutiva che il progresso tecnologico ne ha via via imposto agli operatori del diritto.

Come noto, infatti, la Costituzione all’art. 21 riconosce la libertà di manifestazione del pensiero e  accorda alla stampa una tutela rafforzata. Essa, in quanto strumento di democrazia volto alla formazione di un’opinione pubblica consapevole e avvertita, non solo non è soggetta ad autorizzazioni o censure, ma per di più non è assoggettabile a sequestro preventivo, se non con atto motivato dell’Autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di stampa clandestina.

La legge sulla stampa varata nel 1948 enumera, quindi, in modo tassativo i casi eccezionali in cui il sequestro di giornali e altre pubblicazioni è possibile, ma il reato di diffamazione non rientra fra questi: è -pertanto- evidente come, nel bilanciamento dei valori operato dal legislatore, l’offensività della condotta diffamatoria a mezzo stampa sia stata ritenuta recessiva rispetto alla salvaguardia della libertà di informazione.

Ebbene, oggi  – in base alla suindicata interpretazione evolutiva proposta dalla Suprema Corte – anche la testata giornalistica telematica, in quanto funzionalmente assimilabile a quella tradizionale, rientra a pieno titolo  nel concetto di “stampa”, soggiacendo – pertanto- alla normativa di rango costituzionale e di livello ordinario vigente in materia.

Ciò significa che in nessun caso il giornale on line, proprio come quello cartaceo, potrà essere oggetto di sequestro preventivo, se non nelle ipotesi eccezionali tassativamente previste dalla legge, tra le quali  – come già evidenziato – non è ricompreso il reato di diffamazione a mezzo stampa.

Le suindicate garanzie costituzionali in tema di sequestro preventivo non risultano, tuttavia, estensibili anche a blog e social network vari.

Ed invero, il concetto di “stampa”, così come recentemente chiarito dalle Sezioni Unite, definisce il prodotto editoriale sulla base di un requisito ontologico (struttura) e di uno teleologico (scopi della pubblicazione): la struttura è «costituita dalla testata, che è l’elemento che lo identifica, e dalla periodicità regolare delle pubblicazioni (quotidiano, settimanale, mensile)», mentre «la finalità si concretizza nella raccolta, nel commento e nell’analisi critica di notizie legate all’attualità (cronaca, economia, costume, politica) e dirette al pubblico, perché ne abbia conoscenza e ne assuma consapevolezza nella libera formazione della propria opinione» (Cfr. Sezioni Unite, 29 gennaio 2015,  n. 31022).

Alla luce di ciò, la previsione dell’obbligo di registrazione della testata on line, che deve soddisfare i requisiti prescritti e deve essere guidata da un direttore responsabile, giornalista professionista o pubblicista non è un mero adempimento amministrativo fine a sé stesso «ma – come evidenziato dalle Sezioni Unite – è funzionale a individuare le responsabilità (civili, penali, amministrative) collegate alle pubblicazioni e a rendere operative le corrispondenti garanzie costituzionali, aspetti questi che, in quanto strettamente connessi e consequenziali alla detta previsione, sono ineludibili”.

Orbene, i nuovi mezzi di comunicazione destinati alla diffusione per via telematica quali blog, forum, newsletter, newsgroup, mailing list e social network non soddisfano mai i requisiti propri del prodotto editoriale, né tantomeno risultano registrati o aventi un direttore responsabile. Ne segue che gli stessi, benché strumenti idonei alla manifestazione del pensiero, in nessun caso potranno essere ricondotti al concetto di “stampa” e godere così delle relative garanzie apprestate dall’ordinamento.

È alla stregua delle considerazioni fin qui svolte che la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal giornalista- blogger, rilevando che il sito di cui questi era titolare non risultava registrato come organo di stampa, né tantomeno presentava alcuna testata; si trattava, piuttosto, di un semplice “blog”, ovverosia  di una sorta di agenda personale aperta in rete, contente diversi argomenti ordinanti cronologicamente, sprovvista di qualsiasi riferimento a un direttore responsabile, le cui pubblicazioni si susseguivano con cadenza del tutto irregolare (talvolta anche a distanza di anni). Da qui l’assoluta legittimità del sequestro preventivo disposto.