ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALEIN PRIMO PIANOResponsabilità degli enti

L’ente imputato ex d.lgs. 231/2001 non può costituirsi parte civile contro i suoi dirigenti “coimputati”

in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 4 – ISSN 2499-846X

Tribunale di Milano, Sez. II Penale, Ordinanza, 6 aprile 2017
Presidente Trovato, Giudici De Cristofaro – Monfredi

In un processo in corso dinnanzi alla Seconda Sezione Penale del Tribunale di Milano, il Collegio ha pronunciato un’importante ordinanza a scioglimento della riserva formulata sulle questioni preliminari volte all’esclusione delle parti civili, decidendo anche su una delicata questione riguardante la possibilità, per l’ente imputato ai sensi del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, di costituirsi parte civile nel medesimo processo contro i propri dirigenti imputati.

La risposta del Tribunale di Milano è stata negativa, nel senso che tra i due ruoli – di ente imputato ex d.lgs. 231/2001 e di parte civile – è stata ritenuta sussistere una incompatibilità.

Aderendo a precedenti sia di legittimità che di merito (Cass. Pen., Sez. VI, 6 febbraio 2009, n. 19764; Ufficio GUP di Milano, ordinanza 9 luglio 2009), il Tribunale ha ribadito la tesi secondo cui ente collettivo ed individuo autore del reato-presupposto genererebbero una forma di responsabilità cumulativa, ascrivibile, nell’ambito della dogmatica penalistica, allo schema della responsabilità concorsuale. Pur non sussistendo tutti gli elementi strutturali di un concorso di persone nel reato ai sensi dell’art. 110 c.p., questo peculiare paradigma di responsabilità andrebbe ricondotto a tale figura, in quanto, non diversamente da quella forma di manifestazione dell’illecito, anche in questo caso “da un’unica azione criminosa scaturiscono una pluralità di responsabilità”.

Nell’ordinanza in commento ha trovato dunque accoglimento la tesi concorsuale circa la natura del rapporto tra responsabilità dell’ente e responsabilità dell’individuo, già in passato sostenuta da autorevole giurisprudenza (cfr. anche Cass. Pen., Sez. Unite, 27 marzo 2008, n. 26654) e dottrina (in tema, si vedano in particolare i contributi di Paliero, tra cui La società punita. Del come, del perché, e del per cosa, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, 1516 ss.). Quello tra ente ed individuo sarebbe invero non solo un concorso, ma un concorso necessario, in quanto, sul piano sia oggettivo che soggettivo, per la responsabilità della persona giuridica occorre comunque che un reato-presupposto sia stato commesso dalla persona fisica.

Vero è che a questa ricostruzione potrebbero muoversi delle critiche. È infatti piuttosto anomalo uno schema concorsuale in cui i soggetti i) concorrono in illeciti diversi (penale quello dell’individuo, amministrativo quello dell’ente), ii) con titoli di imputazione soggettiva disomogenei (doloso quello dell’individuo, colposo quello dell’ente), e iii) per di più con la teorica possibilità che questo presunto concorso si concretizzi anche qualora uno dei due compartecipi (l’ente) non abbia fornito alcun contributo né commissivo né omissivo alla commissione del fatto, come è nell’ipotesi di responsabilità dell’ente per fatto del soggetto apicale (art. 6, d.lgs. 231/2001) – ipotesi tra l’altro oggetto dell’ordinanza in commento –, nella quale l’illecito amministrativo dell’ente può ritenersi perfezionato senza che esso vi abbia in alcun modo contribuito (per la sua responsabilità sarebbero necessari e sufficienti la commissione del reato-presupposto da parte della persona fisica e il ricorrere dei nessi di ascrizione dell’illecito di cui all’art. 5 del d.lgs. 231/2001).

Ma, dato che l’impostazione concorsuale è stata nuovamente avallata dall’ordinanza in commento, il Giudice si è dovuto confrontare con le conseguenze di tale inquadramento, e lo ha fatto giungendo alla inevitabile conclusione di dover escludere la possibilità di una costituzione di parte civile dell’ente imputato.

Chiarito preliminarmente che l’incompatibilità discende non dall’eventualità che l’ente venga condannato ex d.lgs. 231/2001, ma già dalla mera assunzione della qualifica di imputato, il Tribunale di Milano ha fatto applicazione dei principi generali del processo penale, tra i quali figura quello per cui all’imputato non è dato dolersi dei danni cagionati dal reato nel quale ha concorso. O, come osservato dal Tribunale con riguardo alla specifica fattispecie, “nel caso in cui si ritenesse la esistenza di una sua legittimazione attiva alla costituzione di parte civile, l’ente finirebbe con il dolersi e pretendere il risarcimento da quei soggetti legittimati ad agire in nome e per suo conto che hanno posto in essere la condotta imputata anche a vantaggio e nell’interesse dell’ente medesimo nell’ambito di un rapporto criminale che l’ultima pronuncia della Suprema Corte sopra riportata ha definito sostanzialmente concorsuale nel medesimo reato”.

Di qui, dunque, l’esclusione dell’ente che aveva chiesto di costituirsi parte civile contro i propri dirigenti, da ritenersi, secondo il Tribunale, non quali semplici imputati, bensì “coimputati” in concorso in un medesimo fatto.

Come citare il contributo in una bibliografia:
G. Stampanoni Bassi, L’ente imputato ex d.lgs. 231/2001 non può costituirsi parte civile contro i suoi dirigenti “coimputati”, in Giurisprudenza Penalw Web, 2017, 4