ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALE

Provvedimento di archiviazione ex art. 131-bis c.p.: interesse all’impugnazione nel merito

in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 7-8 – ISSN 2499-846X

Cassazione Penale, sez. III, 20 giugno 2017 (ud. 26 gennaio 2017), n. 30685.
Presidente Cavallo, Relatore Socci

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30685, depositata il 20 giugno 2017 (ud. 26 gennaio 2017), ha ritenuto – anche a prescindere dal dato letterale della disposizione di cui all’art. 409, co. VI c.p.p. – che la persona sottoposta alle indagini preliminari non abbia interesse ad impugnare il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, per ragioni diverse da quelle afferenti la violazione del contraddittorio.

La vicenda concreta prendeva le mosse dall’ordinanza di archiviazione, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., pronunciata dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale Vicenza con riferimento al reato di cui agli artt. 269 e 279 D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Ricorreva per Cassazione la persona sottoposta alle indagini, lamentando, nel merito, che la motivazione del Giudice per le Indagini Preliminari non avesse dato conto del pieno accertamento del reato contestato, prima di affrontare il tema dell’entità dell’offesa e della relativa punibilità. La Corte concludeva per l’inammissibilità del ricorso presentato, poiché proposto al di fuori dei casi previsti dalla legge.

Il tema è vergine e non sono presenti precedenti pronunce in termini. La conclusione tratta dal Supremo Collegio, secondo cui il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non è suscettibile di ricorso per Cassazione si fonda su due differenti ordini di ragioni, che colgono livelli diversi di profondità esegetica. Per un verso, una ragione lessicale, anche alla luce del principio di tassatività delle impugnazioni; per altro verso, una ragione sistematica che considera la natura ibrida dell’istituto di cui all’art. 131-bis c.p. e l’intero corpus della riforma.

In primo luogo, la ragione testuale. L’origine dell’argomentazione è l’inequivoco – ma non incontrovertibile, attesa la richiesta di annullamento con rinvio formulata dal Procuratore Generale, in adesione della tesi sostenuta dal difensore della persona sottoposta alle indagini – dato testuale dell’art. 409, co. VI c.p.p., il quale contempla quali uniche ipotesi di gravame, quelle sanzionate da nullità ai sensi dell’art. 127, co. V c.p.p. Ovverosia i casi di mancata corretta instaurazione o sviluppo del contraddittorio nell’ambito dell’udienza camerale fissata a seguito di proposizione di ammissibile opposizione alla richiesta di archiviazione o dell’iniziativa ufficiosa del Giudice per le Indagini Preliminari. La norma, asciutta ed esplicita, è rimasta inalterata anche a seguito dell’approvazione del D. Lgs. 16 marzo 2015, n. 28. Sintomo, questo, dell’intenzione del Legislatore di mantenere intatto il regime di impugnazione del provvedimento di archiviazione, anche in ipotesi di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.

In secondo luogo, la ragione sistematica, quella di maggior rilievo. Non si può, infatti, ignorare la particolare natura di quella che, seppur si presenta come causa di non punibilità, in sé racchiude un pieno accertamento del reato contestato, sia sotto il profilo oggettivo, che soggettivo. In questi termini, non appare peregrina una rivalutazione del sistema normativo de quo, in particolare alla luce del parametro di matrice costituzionale dell’art. 2 del protocollo 7 C.E.D.U., poiché ci si trova al cospetto di una pronuncia di natura, latu sensu condannatoria, sottratta al vaglio nel merito di un giudice di una giurisdizione superiore.

La Corte di Cassazione non ignora tali rilievi e, seppur indichi la non manifesta infondatezza dell’abbozzata questione di legittimità costituzionale, fornisce un’interpretazione costituzionalmente orientata del quadro normativo di riferimento, tale da garantire il rispetto della Carta Fondamentale.

Nello specifico, osserva che alcuna traccia lascia nell’ordinamento la pronuncia di archiviazione, poiché non annoverabile tra i “provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l’imputato o dichiarato il non luogo a procedere per difetto di imputabilità, o disposto una misura di sicurezza, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p.”, di cui all’art. 3, co. I, lett. f), D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, poiché carente del requisito della definitività.

Completa il quadro il rilievo che l’ordinanza di archiviazione, alla stessa stregua della sentenza ex art. 469, co. I-bis c.p.p., per particolare tenuità del fatto, non manifesta alcun effetto pregiudizievole nell’ambito del procedimento amministrativo o civile di danno, nei quali ha efficacia di giudicato solo la sentenza emessa all’esito del dibattimento.

Da quanto osservato deriva che, non subendo in concreto effetti sfavorevoli nella sfera giuridica, colui che sia stato ritenuto non punibile per la particolare tenuità del fatto commesso, non abbia interesse ad impugnare nel merito l’ordinanza di archiviazione.

Peraltro, implicitamente, la Corte sancisce che di tali pronunce – siccome non conoscibili alle Autorità Giudiziarie procedenti, poiché non iscritti – non si potrà tenere conto neppure ai fini della valutazione dell’abitualità del comportamento, ostativa ad una nuova pronuncia ex art. 131-bis c.p.

Si tratta, in definitiva, di pronunce che svolgono un ruolo esclusivamente endoprocedimentale, non potendo riverberare effetti all’interno di altri procedimenti. È evidente, dunque, il maggior favore, a fini difensivi, della ‘definizione’ del procedimento per particolare tenuità del fatto già prima dell’esercizio dell’azione penale.

Come citare il contributo in una bibliografia:
P. Tabasso, Provvedimento di archiviazione ex art. 131-bis c.p.p.: interesse all’impugnazione nel merito, in Giurisprudenza Penale Web, 2017, 7-8