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Ergastolo ostativo e preclusione all’accesso di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia: dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis c. 1 O.P.

Come avevamo anticipato, era prevista per il 22 ottobre l’udienza davanti alla Corte Costituzionale per la discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte di Cassazione (con ordinanza del 20 dicembre 2018) e dal Tribunale di Sorveglianza di Perugia (con ordinanza del 28 maggio 2019) in tema di accesso al beneficio penitenziario del permesso premio per il condannato all’ergastolo che non abbia collaborato con la giustizia.

La disposizione censurata era, dunque, l’art. 4-bis O.P. (divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti) ai sensi del quale «l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter della presente legge […]».

In base a quanto si legge nel comunicato stampa pubblicato sul sito della Corte Costituzionale, le questioni sono state accolte nei seguenti termini:

«La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4-bis, comma 1, dell’Ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.

In questo caso, la Corte – pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici rimettenti – ha quindi sottratto la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo “ostativo” (secondo cui i condannati per i reati previsti dall’articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall’Ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti).

In virtù della pronuncia della Corte, la presunzione di “pericolosità sociale” del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del Carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica».

Redazione Giurisprudenza Penale

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