ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALE

La Cassazione sul requisito dei gravi indizi di colpevolezza per la consegna del soggetto richiesto con Mandato di arresto europeo (MAE).

Cass. pen., Sez. fer., Sent. 12 agosto 2020 (ud. 11 agosto 2020), n. 23878
Presidente Rago, Relatore Scordamaglia

Con la sentenza che qui si allega la Corte di cassazione si è pronunciata in tema di mandato di arresto europeo e, segnatamente, sulla verifica – incombente all’Autorità giudiziaria italiana – dei gravi indizi di colpevolezza, come previsto dall’art. 17, comma 4, l. 22 aprile 2005, n. 69.

Nel caso di specie la Corte di appello aveva disposto la consegna del ricorrente, evidenziando che il mandato di arresto europeo conteneva “un’ampia descrizione dei fatti addebitati, nonché della loro qualificazione giuridica ed il testo dei pertinenti articoli di legge, con indicazione della pena prevista“, e ritenendo perciò di essere in possesso di informazioni sufficienti per verificare i presupposti per la consegna, senza bisogno di acquisire ulteriori atti a corredo, neppure l’ordinanza restrittiva della libertà slovacca o la relazione prevista dall’art. 6, comma 4, lett. a), I. n. 69 del 2005.

Sulla scorta di tali riferimenti, la Corte territoriale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del consegnando, desumibili, peraltro, dalla circostanza che fosse stato “lo stesso Hazucha a dichiarare di essere stato già due giorni in carcere in Slovacchia, per la vicenda oggetto del presente procedimento“.

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso della difesa, che aveva denunciato la violazione degli artt. 6, commi 3, 4, lett. a), 5, e 18, lett. t), I. n. 69 del 2005 e degli artt. 5 e 6 CEDU, per la mancata indicazione delle fonti di prova riguardanti l’individuazione del consegnando come autore dei reati indicati nel mandato e per difetto di motivazione in ordine all’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona di questi.

In particolare, il supremo Collegio ha anzitutto ricordato che “nel fissare le coordinate ermeneutiche per l’applicazione del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza (…) questa Corte ha affermato che l’Autorità Giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna (…), mentre esula dai poteri conferiti al giudice nazionale qualsiasi valutazione in ordine all’adeguatezza del materiale indiziario posto alla base del provvedimento cautelare e degli elementi di prova addotti a discarico dal ricorrente, i quali trovano la loro normale sede di prospettazione e disamina dinanzi all’autorità giudiziaria emittente (…)“.

In aggiunta, la Corte di legittimità ha richiamato ulteriori principi consolidati in seno alla propria giurisprudenza, secondo cui “ai fini della riconoscibilità del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 17, comma 4, l. 22 aprile 2005, n. 69, è necessario che lo Stato di emissione specifichi, nel mandato di arresto europeo, le fonti di prova, attraverso la puntuale allegazione delle evidenze fattuali a carico della persona di cui si chiede la consegna, che consentano di apprezzarne il coinvolgimento nell’attività criminosa, (…), dovendosi escludere che si possa far luogo alla consegna sulla base della mera duplicazione della narrativa del capo di imputazione (…)“.

Ha quindi ritenuto la Corte che “a tali principi non si è attenuta la Corte di appello censurata, in quanto la puntuale descrizione della dinamica dei fatti-reato, contenuta nel mandato di arresto europeo (…), nulla consente di inferire circa l’attribuibilità dei fatti stessi al ricorrente, serbandosi, oltretutto, tanto nel mandato di arresto europeo che nel provvedimento impugnato, il più assoluto silenzio circa le fonti di prova sulla base delle quali l’Autorità Giudiziaria [emittente] era giunta all’identificazione [del ricorrente] quale autore delle condotte predatorie contestategli“.

Per tale ragione la Corte ha annullato la sentenza con rinvio per nuovo esame della questione illustrata.

Redazione Giurisprudenza Penale

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